Raven & Antares ha scritto:Ho capito cosa intendevi, ma non ho capito per che motivo prima hai utilizzato l'esempio dell'acqua paragonandolo all'anima e dicendo che non si può ricondurre l'acqua ai suoi elementi perchè ha un "quid pluris", mentre dopo affermi che essendo l'acqua una formula fissa è agevole ricondurla all'idrogeno e all'ossigeno. C'è un errore concettuale alla base dei due esempi, in contrasto tra loro

L'acqua ha una natura sua, che non è quella né dell'idrogeno né dell'ossigeno (per intenderci: 8+9=17, ma il 17 è numero primo, mentre l'8 e il 9, che lo "compongono", non lo sono). In questo senso, l'acqua ha un "
quid pluris", un qualcosa di suo. Nonostante questo dato evidente, siccome l'acqua ha una precisa formula chimica, è possibile ricollegarla ad H ed O. Non esiste, invece, alcuna formula per ricondurre precisamente l'attività mentale agli impulsi sinaptici, e questa è la differenza cruciale tra acqua e mente.
Raven & Antares ha scritto:No, non ho detto questo.
Ho affermato che essendo infiniti i tipi di pensiero, infinite sono anche le combinazioni che si possono andare a creare. Ovvio che a un determinato pensiero, con determinate sensazioni e determinati modi di attuazione, corrisponde una e una sola combinazione. La regola non è chiara: è chiarissima. Il fatto che sia una decodificazione troppo complessa per i mezzi attuali dell'uomo è assai differente.
Eh, no! In mancanza di decodifica e, dunque, di prova sperimentale, la riconducibilità di cui parli è un semplice postulato. La medicina non potrebbe affermare con certezza che la Sindrome di Down è una malattia genetica (e, quindi, ricondurla al patrimonio genetico), se non sapesse esattamente quale cromosoma determina la patologia. Se ci spostiamo sul campo dell'omosessualità, ad esempio, per alcuni è determinata da fattori ambientali, per altri ha origine genetica: finché non verrà scoperto - se esiste - l'esatto gene che incide sull'orientamento sessuale, nessuno potrà ricondurre con certezza la preferenza sessuale al corredo cromosomico. Allo stesso modo, finché non mi illustri l'esatto collegamento fra cervello e mente, non puoi pretendere di ricondurre la seconda al primo: lo puoi supporre, ma non affermare.
Raven & Antares ha scritto:No, non intendo assolutamente prove sperimentali

Stiamo facendo filosofia: le basi scientifiche sono ben accette, certo, ma dove la scienza non arriva dobbiamo portare il λόγος (Logos). Ciò non toglie che una teoria debba comunque avere valide argomentazioni, anche soltanto dal punto di vista logico. Quindi mi chiedevo per che motivo affermassi ciò, proprio per capire attraverso quale ragionamento fossi arrivato alle tue conclusioni

Il ragionamento è disseminato nei vari messaggi che precedono: l'istinto non è bastevole a costruire una cultura, perciò dev'esserci qualcos'altro alla base, cioè la percezione etico-libertaria (il daimon). Lo sostengo in forza di due argomenti. 1) La cultura è sovente negazione dell'istinto, perciò come mai potrebbe generarsi dal solo istinto? 2) Se davvero la cultura derivasse dal solo istinto, perché mai i lupi, i gatti, le volpi, le scimmie etc. (per non parlare degli animali inferiori) non hanno una loro cultura? Alcuni avranno un minimo di organizzazione in branco, certo, ma la cultura è qualcosa che si lascia ai posteri, un bagaglio che progressivamente si arricchisce di nuovi tasselli, che si amplia e si sviluppa nel tempo, mentre la vita di branco è sempre la stessa.
Raven & Antares ha scritto:Appunto!
L'essere umano, non avendo altri mezzi, sviluppa quella che è la sua capacità intellettiva, e crea quindi una cultura e una società attorno a lui che gli permettono la sopravvivenza. E' il vero e proprio istinto di sopravvivenza a portare l'uomo a sviluppare la sua mente e creare tutto ciò che c'è intorno a lui. Si può dire che l'uomo è
portato a creare intorno a sè una società e una cultura, essendo l'unico mezzo che possiede.
Anzi, molto probabilmente, l'uomo ha una necessità prima di soddisfare il suo bisogno di cultura, bisogno senza il quale sarebbe indiscutibile vivere.
Ti riporto un piccolo brano di Juri Lotman che riassume quella che è anche la mia concezione:
http://i1232.photobucket.com/albums/ff3 ... lotman.jpg
L'uomo di oggi, forse, non ha altri mezzi, ma i primi ominidi avevano tutti i mezzi dei comuni animali, eppure li hanno progressivamente abbandonati per far posto alla tecnologia. Dimmi, perché l'uomo - e solo lui! -, se fosse fatto di solo istinto, al pari degli altri animali, avrebbe abbandonato quello che tutti gli altri animali hanno invece conservato? La mia risposta è: l'uomo non si accontenta di sopravvivere, ma vuole vivere con dignità, con agio, con benessere, con gratificazione, problema che gli altri animali non si sono mai posti. E perché l'uomo non si accontenta di sopravvivere, come gli altri animali? La mia risposta è: l'uomo non è un comune animale: è provvisto di istinto, ma anche di un secondo, grande talento: la consapevolezza della propria libertà, la voglia di distaccarsi dalla logica meccanica dell'utile. Questo spiega perché l'uomo abbia costruito, primo ed unico in tutto il panorama dei viventi, una sua cultura: perché solo l'uomo avvertiva, ed avverte tutt'ora, il bisogno di andare oltre l'istinto.
Raven & Antares ha scritto:E se i sentimenti non fossero che delle congetture che ci fanno credere di avere una certa libertà, mentre in realtà siamo preda eterna degli istinti?

E se tu fossi un bit all'interno di un sistema informatico in stile Matrix? Con le teorie della cospirazione non si va lontano, a mio modesto avviso.
Raven & Antares ha scritto:Ehm... il bene e il male oggettivi? Il giusto che i diritti e i meriti siano riconosciuti?

Riporto un vecchio esempio che avevo fatto nella discussione "E se tutti conoscessero il proprio daimon?".
<Se è per questo, il bene e il male sono fondamenti che ci vengono insegnati tramite l'educazione genitoriale e la cultura.
Esempio banale ed estremizzato: nella nostra cultura è abominevole soltanto l'idea di cibarsi di un altro essere umano, mentre in alcune tribù è consueto il cannibalismo. Stiamo parlando di uno stesso atteggiamento che per i primi è sbagliato, mentre per i secondi è giusto.
Questo per dare un'idea di cosa intendo quando parlo di relatività della giustizia.> Inoltre, la tua definizione di "giustizia", non è altro che una delle forme più istintive dell'uomo, ovvero quella di spartire non in maniera pari, ma in maniera equilibrata a seconda delle esigenze. E non solo nell'uomo: in un branco di lupi gli individui più vecchi non verranno più sollecitati a cacciare da quelli più giovani, come con tutti gli altri membri, ma potranno comunque usufruire della preda in quanto pasto

Non sono d'accordo! Il senso etico è innato, anche se, ovviamente, va coltivato e sviluppato, come tutti i talenti e le abilità. L'infante non sa parlare alla nascita, però possiede già le corde vocali, perciò si può dire che abbia "in potenza" quella favella che, negli anni a venire, imparerà a padroneggiare. Allo stesso modo, non credo che si possa apprendere l'etica, senza un punto di partenza innato. L'uomo non crea mai nulla: rielabora ed approfondisce i dati in suo possesso. Mi suona irrazionale che l'uomo possa aver creato l'etica dal nulla, nel corso della storia. Io credo, invece, che ciascuno nasca con qualità innate, che l'esperienza provvederà ad affinare nel tempo.

Il fatto del cannibalismo è più un tabù convenzionale che un male etico: ci ripugna l'idea di mangiare carne umana, ma in fondo chi è morto non si interessa affatto del destino del suo cadavere, perciò non c'è un male oggettivo. Il criterio del giusto è un po' quello fornito da Kant: <Comportati secondo una massima che possa valere come legge universale>. Quando un comportamento è generalizzabile, tale, cioè, che tutti possano adottarlo senza distruggersi a vicenda, allora è buono. Lo stupro, ad esempio, non è generalizzabile, perciò è male: se tutti ci stuprassimo a vicenda, Hobbes vedrebbe finalmente realizzato il suo
bellum omnium contra omnes.

Il daimon, per l'appunto, è colui che dà all'uomo il senso dell'altro e del rispetto dell'altro, cioè il senso etico.
Raven & Antares ha scritto:Non mi chiamo Dio, quindi non posso dire cosa con certezza dà la vita (ammesso che egli esista)

Mi limito ad affermare che potrebbe trattarsi di una componente fisica, che si mette in moto quando tutti gli organi sono in perfetto funzionamento tra loro e permettono la vita e la sopravvivenza stessa dell'individuo. Dal mio punto di vista, potrei anche benissimo affermare che l'anima in sè non esiste, ma che è solo un sinonimo di "vita". La vita è l'anima stessa, ciò che rende un animale, un uomo, o tutto quello che vive, in grado di percepire l'ambiente circostante e mettersi in relazione con ciò che lo circonda.
I virus non sono propriamente a metà. Non vengono ancora classificati in nessun regno dei viventi, è vero, ma di fatto vivono. E' chiaro e lampante che sono ben diversi da come potrebbe essere una pietra, o un granello di sabbia. Per lo meno, a quanto ne so io, i sassolini non sono in grado di muoversi e attaccare le nostre difese immunitarie

La mia posizione è diversa. La vita è un fenomeno fisico-chimico, fondato sui composti del carbonio, mentre l'anima, il daimon, è un'entità spirituale.

I virus sono semi-viventi, per così dire, perché possiedono sì un codice genetico, ma sono sprovvisti di organuli per autoreplicarsi e non compiono sintesi proteica: un virus isolato non è diverso da una pietra, mentre un virus con una cellula da parassitare a sua disposizione vive anche troppo. Essi avranno, dunque, una... mezz'anima?

Come spieghi questo caso-limite?
Raven & Antares ha scritto:Quello che mi chiedo è: non diminuisce la mia libertà di pensiero, sì, ma diminuisce la mia libertà di espressione? Riflettici

Non vedo censura alcuna in questo nostro confronto: tu esprimi le tue posizioni ed io esprimo le mie, con civile rispetto reciproco.
Raven & Antares ha scritto:Veramente, con la frase "non sicuramente il romanzo fantasy di Philiph Pullman, in cui i daimon vengono dipinti un po' come dei pupazzetti di peluche che accompagnano i personaggi della fiaba" non volevo in alcun modo attaccare la concezione italiana di daimonismo

Le altre non le conosco, e non posso quindi espirmermi al riguardo.
Il mio riferimento era soprattutto dedicato alle teorie di partenza, che erano molto più legate alla visione fantasy del daimonismo. Adesso si hanno fatto, per fortuna, degli enormi passi avanti, altrimenti penseremmo ancora verosimili alcune pratiche come l'intercisione, cosa del tutto impensabile.

Se veramente hai pensato che stessi attaccando qualcuno o qualche teoria, significa proprio che parti con il presupposto che io sia una non-daemian all'ennesima potenza

Non ho pensato nulla del genere. Mi limito a constatare, semplicemente, che ci sono sì delle analogie tra il Daimonismo e QOM (e sarebbe poco onesto negarlo: la forma animale del daimon è una di queste), tuttavia si tratta di pure coincidenze, tant'è vero che molti daemian proiettano il proprio daimon in forma animale pur senza conoscere QOM. In definitiva, la forma animale è una componente essenziale del Daimonismo, non perché abbiamo QOM come Bibbia, bensì perché, di fatto, tutti i daemian o quasi nutrono questa concezione.
Raven & Antares ha scritto:Allora significa che i pilastri non si possono cambiare e sono fissi.
Perchè, quindi, in "comunità degradata" affermavi il contrario?

Possono cambiare, quando la maggioranza dei daemian muta opinione filosofica su un dato punto, fornendo argomentazioni ragionevoli, no?
