
Confermo il parere già espresso in passato, ossia che nessuno possa visualizzare il daimon altrui, in quanto questo presupporrebbe una conoscenza dell'altra persona analoga a quella che lei ha di se stessa, e ciò è impossibile: basti pensare, a conforto di questa conclusione, che le impressioni, le sensazioni, le emozioni ed i sentimenti provati da un uomo sono infinitamente superiori alle impressioni, alle sensazioni, alle emozioni ed ai sentimenti di cui egli fa parola coi terzi e che tali esperienze sono ineffabili, sicché l'eventuale comunicazione non è che una sintesi grossolana e concettuale di un vissuto che, per la sua complessità unica, non è riducibile in significati convenzionali; per non parlare, infine, di tutte le speculazioni razionali compiute sulla piattaforma esperienziale, che restano in massima parte private.

È parimenti impossibile che un daimon aggredisca/morda/uccida un altro daimon, perché il daimon è un'istanza psichica, o un traghettatore tra istanze psichiche, radicalmente incorporea e, quindi, confinata dentro la mente dell'uomo, rappresentando il nucleo ultimo della sua autocoscienza, volontà e libertà. La visualizzazione e la proiezione del daimon non sono che artifici mentali, espedienti simbolici per favorire la conoscenza di sé o agevolare il rapporto uomo-daimon, ma né l'una né l'altra creano un'entità fisicamente riscontrabile e capace di interazione con altri uomini o daimon. Ove l'aggressività altrui si ripercuota gravemente sull'interiorità di chi la subisce, è ben possibile che l'effigie visualizzata o proiettata del daimon rechi traccia di questa sofferenza, nondimeno restiamo sempre nell'ambito del simbolismo astratto.
