
Uno dei pilastri del Daimonismo è convenzionalmente espresso nei seguenti termini: l'uomo è il daimon ed il daimon è l'uomo, ma uomo e daimon non sono la medesima entità. ? un principio che pone molti problemi, sia di carattere logico (come possono uomo e daimon essere ad un tempo uguali e diversi?), sia di carattere esistenziale (alla fine, il daimon chi è e cosa fa?), e pare sia condannato a sfociare, linguisticamente parlando, in un ossimoro stridente e, sul piano filosofico, in un'aporia, ossia in un dubbio che non può essere sciolto ed impone dunque una dichiarazione di agnosticismo.




La Teoria della Moneta, che ad una sommaria analisi pare soddisfare questo nostro bisogno di chiarimenti, si può riassumere con una metafora visivamente e concettualmente molto efficace: l'uomo ed il daimon costituiscono le due facce di una stessa moneta, perciò condividono la medesima sostanza, sono incisi sullo stesso metallo, eppure contengono raffigurazioni diverse. Andiamo però più a fondo, perché questo paragone lo può fare anche un bambino di cinque anni e di per sé non è molto esaustivo. Cosa raffigurano le due facce, il recto ed il verso? Richiamate alla mente la Colonna Traiana che si erge nel centro di Roma, focalizzate le vicende istoriate che minuziosamente sono descritte per immagini lungo una sorta di rotolo che corre tutto intorno alla colonna. Ecco, una faccia della moneta (per convenzione, recto=uomo) contiene tantissime figure, un aggrovigliarsi infinito di figure. Cosa è scolpito invece nell'altra faccia (verso=daimon)? Un complesso alfabeto, una serie di simboli che consentono di decifrare, passo per passo, quelle indicazioni istoriate contenute nell'uomo. Ma non è operazione facile, anzi si presenta come la più ardua di tutte. Da un canto, l'alfabeto si compone di una sequenza lunghissima di simboli, ciascuno con i suoi vezzi, le sue curve sinuose, la sua inclinazione peculiare; dall'altro non si riscontra una perfetta corrispondenza fra i simboli elencati nell'alfabeto e quelli adoperati nella narrazione grafica dell'altra faccia della moneta: questi ultimi, infatti, presentano elementi spuri che contaminano la forma originaria del simbolo, rendendo più difficoltoso il suo riconoscimento. 8)
Ma cosa narra la faccia uomo? Si tratta di una narrazione sui generis, dove le reazioni emotive ed i moti interiori dei personaggi sono prevalenti sui fatti materiali, sulle vicende concrete, sugli accadimenti bruti: uscendo dalla metafora, il recto contiene tutti i connotati della personalità umana, i quali, però - pensate ad Harry Potter per intuire meglio - non sono stabilmente incisi nel bronzo della moneta, ma oscillano, si spostano pigramente, si ribaltano, giocano fra loro, si scambiano il posto, mutano il colore, creano degli effetti luministici molto suggestivi. Insomma, non è possibile scattare una foto alla faccia umana della moneta una volta per tutte per possedere l'essenza di quella persona, poiché questa è in continuo, incessante divenire, e le combinazioni che si susseguono sono unico ed irripetibile patrimonio di quell'essere umano: non ci sono due monete uguali né due facce uguali e la stessa faccia non contiene mai gli stessi disegni col passare del tempo. Questo vuol dire che la moneta non può essere falsificata o imitata: la copia, infatti, potrà riprodurre uno specifico momento della vita di quella persona, ma già un istante dopo non sarà più una copia fedele, perché le raffigurazioni dell'originale avranno già assunto un'altra foggia e collocazione. Ma perché questa faccia (l'uomo) non è autosufficiente ed ha perennemente bisogno dell'altra faccia (il daimon)? Perché non può leggere da solo la storia e le pieghe del proprio essere? Non è in grado di farlo per via di impurità e distorsioni che inquinano i simboli adoperati, che rendono veramente ostica l'interpretazione del testo (l'ottenimento della piena consapevolezza di sé). Ecco, allora, che la faccia dell'uomo si rivolge alla faccia del daimon, quella che contiene l'alfabeto completo ed associa a ciascun simbolo una vasta gamma di significati profondi e misteriosi. L'alfabeto da solo è inutile (non può essere usato per interpretare le incisioni di un'altra moneta: questa sarà scritta con un diverso codice ed idioma) e la narrazione figurativa da sola è inutile, per le ragioni sopra esposte. L'uno ha bisogno dell'altro e corona il senso di sé solo tramite una costante sinergia collaborativa con la faccia opposta: la dipendenza funzionale del recto (uomo) dal verso (daimon) e viceversa, combinata con la comunanza del sostrato sul quale le due facce della moneta sono incise, costituisce l'allegoria del sacro legame uomo-daimon.

Bene, acclarato che le due facce non possono fare a meno l'una dell'altra, come cooperano? La faccia umana mostra delicatamente il proprio contenuto alla faccia daimoniana ed inizia a dialogare con questa circa la più corretta e fluida interpretazione dei segni che porta impressi su di sé: il daimon, forte del suo alfabeto, tenterà di ricostruire insieme all'uomo quale sia ciascun simbolo, depurandolo dalle imperfezioni (che, fuor di metafora, sono le aberrazioni dell'autocoscienza dovute alla cultura, alla morale, alla religione ed a tanti altri fattori condizionanti che si sedimentano e si stratificano nel corso della vita), ed al contempo inizierà quell'opera di analisi del contesto che, sola, consente di apprezzare la narrazione nella sua armoniosa interezza. Questo proficuo e nobile scambio non è un meccanico e bruto confronto fra simboli, perché anche l'alfabeto ha una sua personalità, un proprio stile grafico, sebbene qui non ci siano imperfezioni deformanti ma, semmai, varianti artistiche di un medesimo simbolo. Ecco, allora, che il dialogo prosegue senza sosta e senza requie, finché poco alla volta la faccia dell'uomo finalmente capisce che cosa porta scritto dentro di sé e la faccia del daimon con l'alfabeto ha dato un senso ed un'utilità alla propria esistenza, perciò ambedue si sentono felici, realizzati, appagati, e nutrono vicendevolmente quell'amore tecnicamente designato col nuovo conio di aliegofilìa.


La teoria appena sviluppata consente infine di illustrare in maniera molto intuitiva il turpe fenomeno dell'intercisione: la moneta viene violentemente tagliata lungo un piano parallelo alle due facce, sicché sia il recto che il verso si ritrovano, come faccia opposta, una superficie scabra, grezza e vuota.
