? una statistica paurosamente vicina al cento per cento di verità, che un po' tutti i daemian hanno una venatura filosofica dentro.

Molti giovani barattano la libertà per la popolarità, che a sua volta è un tramite per il benessere e la fuga dai problemi esistenziali che il ragionamento pone. Ci si adegua alla massa perché il gruppo è rassicurante e trasmette un senso di potere e di affermazione, però accanto a questo fattore c'è pure un'insofferenza verso tutti gli approcci riflessivi alla vita, quelli in cui la soluzione del mistero non è a portata di mano, ma deve essere costruita un passo alla volta, spesso vagando nel buio, senza riferimenti validi cui appigliarsi. C'è una grande paura della vita che diverge dalla strada maestra, imponendo scelte ed interrogativi ardui, ecco il perché dell'omologazione verso il basso, piatta, scialba.
Per fortuna, i daimon non possono estinguersi, non per la deficienza umana, almeno. Ciò sarebbe possibile secondo la Nuova Scuola, quella che considera il daimon una creazione della mente come antidoto alla solitudine e come sprone dell'introspezione (e questi signori devono spiegarmi dove sta la differenza fra il daimon e l'
headmate); ma per chi aderisce alla Vecchia - che in ultima analisi mi sembra l'unica lettura seria del Daimonismo - il daimon non è un prodotto di azioni umane, ma un ente coessenziale all'uomo che lo accompagna pedissequamente e lo rende veramente uomo con la sua presenza: tolti i daimon, infatti, saremmo un'informe massa di carne che si muove ed interagisce col mondo, defraudati però dell'autocoscienza, della memoria e di quelle qualità che ci danno la contezza del nostro essere. Mentre molte creature percepiscono l'oggetto estraneo a sé (e se stessi nella misura in cui una parte si estranei dalle altre, ad esempio suscitando un dolore prima inesistente), noi siamo capaci di interrogarci sul nostro ruolo, indagando con la mente noi stessi, il soggetto che si fa oggetto dello studio del soggetto. E per fare questo ci occorre un polo dialettico, il daimon appunto. Senza daimon, non saremmo persone, ma
homines, in senso puramente biologico e strutturale. 8) Il peggio che ci può capitare, allora, è di obliare il daimon, di andare avanti dimenticando che non siamo soli e facendo di testa nostra, con cipiglio e stupidità.
