Claudio-Olyandra ha scritto:Il punto è proprio questo. Come fa un simbolo ad essere spontaneo, cioè a prescindere dai condizionamenti esterni (e deformanti)? Se il daimon avesse una forma propria, nessun problema, ma il simbolo non gli appartiene come dato intrinseco, bensì deriva dall'ambiente in cui cresciamo e dalle metafore ed allusioni cui siamo abituati. Il mio esempio classico è ancora una volta illuminante: se fossimo nati nel medioevo, penseremmo che il gatto rappresenta il male, l'astuzia tentatrice e simili. I simboli spontanei, innati e naturali non possono esistere.
Infatti non prescindo dal condizionamento esterno, sarebbe assurdo.
I simboli, però, non sono soltanto definiti dall’esterno: ci sono alcuni che sia io che te consideriamo identici, ma gli stessi possono avere anche dei significati unici per entrambi.
Per fare un esempio: il pane è il simbolo del cibo (portare il pane a casa, dare il pane ai nostri bambini…). Per entrambi significa ciò perché culturalmente siamo abituati a vederlo così, giusto? Tuttavia, non è detto che questo simbolo per me o per te significhi
solo e soltanto quello, ci possono essere dei significati unici che riferiscono allo specifico vissuto della persona (esempio stupido: il pane per me vuol dire mio padre che torna a casa perché mi porta sempre pagnotte da mangiare!)
Claudio-Olyandra ha scritto:Il fondamento pratico della forma animale è guidare, sia pur grossolanamente, l'introspezione del daemian, umanizzando, sia pur grossolanamente, l'atteggiamento animale, sulla base degli studi etologici. Tu affermi che questo processo è arbitrario, ma converrai con me che un daemian, il quale avverta la necessità di attribuire una forma al daimon, non possa che guardare alle forme animali, essendo le altre impossibili da studiare (piante, batteri, pietre...) o inattendibili (elefanti rosa dalle sei proboscidi e sedici code a torciglione...). Quindi, tirando le somme, l'alternativa è abbastanza netta: o rinunci radicalmente all'idea stessa della forma, optando per il solo dialogo, ovvero ti appoggi alle analisi animali, se della forma senti il bisogno. Ciò che mi lascia perplesso non è l'esclusione del concetto di forma dai propri orizzonti, come tu ed altri fate, bensì il tuo richiamo ad una forma derivante da lavori psichici interni, che francamente non ho colto. In cosa consiste? Come si ricava? Quali sono le garanzie di attendibilità dei risultati?
Anche la forma che io ritengo basata sulla “naturalità” ha lo scopo di guidare il daemian nell’introspezione, hanno entrambe la stessa identica funzione. Sostengo tuttavia che la forma animale sia arbitraria proprio perché gli studi di etologia vengono trasportati e modificati nelle distinzioni caratteriali umane in modo del tutto privo di basi scientifiche/psicologiche oggettive, come l’analisi si propone di essere.
In effetti, mi piacerebbe capire qual è il criterio usato per fare un’analisi della forma: io, quando le facevo, mi basavo principalmente sulle mie intuizioni e su quello che ritenevo io essere gli elementi possibili da trasportare nel carattere umano, ma non è detto che il
mio istinto sia quello corretto
In secondo luogo, tu dici: "Se un daemian cerca una forma, non può che guardare alle forme animali, essendo le altre impossibili da studiare o inattendibili. Tirando le somme, o non hai forma e ti basi solo sul dialogo, oppure hai la forma ed quella è animale".
Ma per quale motivo è necessario "studiare" la forma del daimon? Essa è qualcosa di puramente personale, e l'unico ambito di studi che si può condurre può essere quello inerente alla persona e al perché magari il daimon ha quella forma per quella relativa persona (che equivale a chiedersi il perché di quei processi psichici), ma non potrà spaziarsi più di così: non si potranno fare schemi generali, analisi e quant'altro che possano tornare utili al gruppo perché si tratta di qualcosa di
unico e personale, che come tale non può avere alcun ambito di studi al livello comunitario e collegiale.
Io non ho affatto escluso il concetto di forma,
anzi!, ho semplicemente ridefinito come la forma a mio avviso più affine ed utile alla persona venga direttamente dalla persona stessa, senza che si basi al mondo animale per definirla.
Per quanto riguarda il cosa consiste, come si ricava, qual è la garanzia dei lavori psichici, cercherò di rispondere nella maniera più completa possibile.
Innanzitutto, per “lavoro psichico” intendo il processo interiore e psicologico che porta alla creazione della forma. La forma così fatta è naturale perché non implica un tempo: è un po’ come se ci fosse sempre stata, poiché rimanda a tutta una serie di processi interiori dei quali non conosciamo il tempo di creazione, ma che comunque non ha senso conoscere, visto che l’interiorità non ha un suo “tempo” cronologicamente definito (ad esempio, eventi di quindici anni fa, per la nostra psiche, possono essere accaduti anche ieri
).
I processi interiori per la creazione della forma variano da persona a persona, sono unici, quindi è insensato stipulare una lista di passaggi. Più che altro possiamo dire che è l’unione di tutti quegli elementi che, a livello interiore, vengono trasportarti dentro un’immagine che poi diventa la forma suddetta
.
La garanzia di attendibilità di questa forma sta nella sua utilità: la forma creatasi è la migliore per l’uomo per la comunicazione col suo daimon perché è qualcosa che lo allaccia intimamente a se stesso, sebbene non sia possibile stabilire come dall'esterno visto che si tratta di un elemento soggettivo
.
La pecca di questa teoria potrebbe essere nella difficoltà di aiutare i principianti a discernere quale sia un frutto interiore e quale sia un frutto mentale (le forme bizzarre che a Claudio piacciono tanto e che a me fanno ridere da morire
).
C'è da considerare come il novizio che sente la necessità di una forma deve essere bene indirizzato a non considerare come sua forma naturale un qualcosa che è unicamente condizionato dall'esterno, ma qualcosa che lui
sente di intimo dentro di sé (e questo lavoro di aiuto dev'essere fatto da noi veterani del daimonismo, più esperti di introspezione
).
E' chiaro che ci saranno novizi con maggiore predisposizione a distinguere la loro forma naturale, ed altre che invece avranno più difficoltà a rimuovere tutti i condizionamenti. Ma prediligire la soluzione più accomodante della forma analizzata "oggettivamente" per aggirare un problema di questo tipo è un atteggiamento a mio avviso ignobile e dannoso per lo stesso daimonismo.
Claudio-Olyandra ha scritto:E chi ha detto questo? I miei richiami erano solo un modo sintetico di esporre il mio pensiero sull'argomento, senza riportarlo per intero, ovvero un collegamento dettato da alcune analogie nelle premesse, nel ragionamento o nei risultati finali. Insomma, era un invito rivolto, più ai novizi che a te personalmente, a leggere un pensiero parallelo in altra sede, per farsi un'idea più ampia e complessa di un fenomeno che riusciamo a cogliere solo per gradi e per piccole sfaccettature. Mi pare ovvio che tu non copi le mie teorie: a cosa servirebbe?
L’ho annotato proprio per evitare disguidi di qualsiasi tipo, visto che non era chiarissimo