Cosa amo del mio daimon? Il fatto che sia una presenza sottile, a malapena percettibile, ma costante, e traboccante d'amore anche quando tenta (invano) di nasconderlo, forse per orgoglio, forse per spingermi a combattere. Il mio daimon ha sempre odiato chi trova ristoro tra le braccia della mamma, o che comunque fa riferimento ad una persona particolare. E' per la libertà, per chi non ha vincoli, odia le catene ed i legami: è convinto che ogni cosa debba essere spontanea e non forzata, che sia questa una relazione, una passione o un lavoro. Addirittura la sua forma, quella di un corvide, suggerisce il suo bisogno di trasmettermi libertà. Se io dovessi scegliere un animale che mi rappresenti, direi senza riflettere un lupo. Ma no, il mio daimon non lo è. Ha provato il bisogno di essere un uccello, un gracchio alpino, per trasmettermi qualcosa. E' la prima forma in cui ha il coraggio di volare. Indica che ho superato qualcosa, oppure che c'è stato un forte cambiamento. E amo il fatto che azzardi a fare i suoi primi voli. Mi ricorda davvero un pulcino, quando camminiamo e avverto la sua leggera presenza appena al di sopra della mia testa, leggermente spostata verso sinistra, e le sue ali sono così fragili e al contempo sicure. Un po' come un bambino che ancora non sa bene manovrare una bicicletta, ma si sente sicurissimo a provare la bici da adulti, senza rotelle.
Amo la sua sicurezza, la sua ostentata sicurezza! Quando in realtà sono le incertezze a farle da padrone in questa vita. Ma no, lui no, mai con i piedi in testa. Sempre padrone della sua vita. Della nostra vita. Amo, amo davvero il suo modo di fare. Di quando la notte sono accoccolata sulle lenzuola, con gli occhi sbarrati nel buio, e sento la sua voce (la sua voce! E' soave, come il tocco di una spugna intrisa d'acqua tiepida, dolce, carezzevole e assolutamente buono. Adoro quando abbandona il suo fare burbero e onesto, che assume per spingermi a reagire... come se mi servisse
) che mi chiede con una tenerezza indicibile se voglio parlare. E poi, ride. Non è proprio una risata, è quasi uno sbuffare. Oddio, se io definissi quella specie di starnuto strozzato "risata", probabilmente mi meriterei un ceffone! Ma sì, è adorabile. Fa venire voglia di sorridere pure a me.
Amo con tutto il mio cuore la sua sfrontataggine. Di quando sono fuori con gli amici, e a volte mi metto a piangere dal ridere perché lei ha fatto una battutina, con la sua voce quasi sussurrata, solita di quando siamo in compagnia. Come se temesse di farsi sentire. Quando siamo con amici, o più semplicemente in giro, la immagino appollaiata sulla mia spalla, con il becco proteso verso le mie orecchie, a bisbigliarmi cose. Io non la censuro. Lui non vorrebbe. Quindi, quando siamo in pubblico, se lei fa una battuta io la dico, senza curarmi di sembrare strana, o maleducata (sì, non sono mai battute fini!). Adoro quando preparo da mangiare e magari faccio bruciare qualcosa e lei arriva, osserva il tutto e, con la sua vocetta ironica, mi dice che sono licenziata.
Amo tutto di lei. O di lui. Amo pure la sua ambiguità nel sesso e nel nome. Perché in quella condizione di non sapere, di caos, io ci ritrovo il tutto.