Qui ho ribadito il concetto, esplicitando che ero d'accordo con la tua suddivisione tra Cervello e Mente.Claudio-Olyandra ha scritto:Stai ripetendo con parole tue la mia concezione: il cervello come "ente" (macchina, organo, insieme di tessuti etc.: ogni definizione è appropriata) e la mente come "attività" (il pensare in tutte le sue forme).
E' questo il punto su cui non sono d'accordoClaudio-Olyandra ha scritto:Siamo d'accordo che i processi mentali vengono svolti da determinate aree del cervello, ma non per questo sono "collocabili" o "riconducibili" a quelle aree, in una sorta di corrispondenza biunivoca, altrimenti non si spiegherebbe come mai i pazzi abbiano un cervello strutturalmente sano e funzionante ed una mente malata:
Come già detto, sono convinta che i processi siano collocabili nei luoghi del cervello in cui vengono prodotti. Inoltre, non ho mai parlato di corrispondenza biunivoca, in quanto i processi sono spesso l'insieme del lavoro di più organi.
Immaginiamo una grande redazione di un quotidiano: Abbiamo il caporedattore, i giornalisti, gli impaginatori, e tante persone che compiono diversi lavori, tutti per uno stesso obiettivo: il quotidiano. Il loro prodotto finito viene venduto poi in tutta la nazione.
E chi ti dice che non è così?Claudio-Olyandra ha scritto:se il legame fra cervello e mente fosse forte come tu lo intendi, una mente malata dovrebbe necessariamente presupporre un cervello guasto, degenerato, lacerato, traumatizzato, ma non è così.
Se l'impaginazione del giornale è sbagliata, è chiaro e lampante che la colpa sarà stata degli impaginatori. Basta un errore di distrazione di uno di essi per compromettere tutto il layout del giornale. E magari l'impaginatore che ha sbagliato non ha una mano mozzata per cui non è stato in grado di compiere il suo lavoro come doveva: può darsi che fosse semplicemente più stanco del solito.
Questo per farti capire che non necessariamente ciò che non vediamo non esiste: le lesioni e le malformazioni sono spesso talmente minime da non essere osservabili se non tramite mezzi specializzati, che non sempre l'essere umano ha a disposizione. Non si tratta neanche di "non vedere", ma di "non cogliere".
Sarebbe come se una persona morisse tutto d'un tratto: apparentemente è sanissima, ma in realtà ha avuto un infarto dovuto da un diabete trascurato che non ha dato sintomi esterni.
Nel mio post ho riportato la definizione originale di "anima". Visto che stiamo trattando un argomento delicato e, come già hai affermato ad Amleto, "tendiamo a commettere l'errore di esplicare concetti filosofici tramite altre parole filosofiche", mi sono sentita più che in dovere di fare un appunto sull'etimologia della parola Anima, che ha rivelato un significato molto diverso rispetto alla tua concezione. Non c'è niente di male, ma è giusto che si utilizzino termini corretti in contesti adeguatiClaudio-Olyandra ha scritto:L'anima di cui parlo non è quella cristiana: la mia è una visione laica, che prescinde dall'origine dell'anima e si concentra unicamente sulla sua natura. Innanzitutto, non concordo nell'identificazione dell'anima coi viventi in generale: la vita è l'insieme di una serie di processi chimici, fisici e biologici che possono essere artificialmente riprodotti in laboratorio (clonazione di batteri, ibridazione tra animali di specie diversa etc.). La vita è, perciò, l'operatività, il funzionamento di un sistema complesso, ossia una cellula o un organismo pluricellulare. L'anima va oltre la mera vita, il mero persistere delle funzioni vitali. L'anima è coscienza di sé e del mondo, giudizio etico e capacità di libera volizione. L'anima è il saper rielaborare gli stimoli in modo creativo, assumendo decisioni sulla base di valutazioni etiche e pragmatiche.
Direi di lasciare da parte il fantasy, visto che preferirei evitare di trarre conclusioni da qualcosa che non esiste ed è solo parzialmente legato alle dinamiche concrete della realtàClaudio-Olyandra ha scritto:Un lobotomizzato, un malato di Alzheimer in fase terminale e simili non sono più se stessi, perché perdono quelle abilità e perciò "vegetano", cioè vivono e basta: non serbano memoria, non possono apprendere, non possono decidere, sono "spenti", "morti dentro", privati di ogni consapevolezza. Per fare un paragone fantasy, hanno subito il bacio del Dissennatore (Harry Potter) o sono stati attaccati dagli Spettri (Queste Oscure Materie).
Avevo comunque spiegato il mio parere qui:
Raven e Antares ha scritto:E' vero che durante alcune malattie, la connessione tra uomo-daimon è evidentemente inverosimile, ma è anche effettivo che, in quelle condizioni, è inverosimile un qualunque processo mentale.
E ci mancherebbe che potessimo provare quello che un altro prova!Claudio-Olyandra ha scritto:Puoi osservare quali zone si attivano quando qualcuno pensa a se stesso, ma non le emozioni e i pensieri che scorrono in quel momento nella sua testa. Puoi vedere l'aspetto esteriore di un gruppo di sinapsi che trasmettono impulsi elettrici, ma non puoi cogliere le sensazioni che questo meccanismo produce nell'individuo. La mente si fonda sul cervello ma non si appiattisce sullo stesso: è un'attività che presuppone il cervello ma va oltre il medesimo e questo "oltre" non è osservabile se non dal diretto interessato.
E' come parlare del dolore: possiamo benissimo vedere il movimento dei nervi lungo i tessuti, ma non possiamo provare il dolore di qualcun altro. Sarebbe qualcosa di innaturale!
Parliamo di film di fantascienza o parliamo di realtà?C'è un film, I ragazzi venuti dal Brasile, in cui uno scienziato tenta di creare tanti nuovi Hitler, clonandoli fisicamente da materiale genetico debitamente conservato e facendo vivere loro la stessa esperienza traumatica (morte violenta del padre). Ora, se anche fosse possibile far rivivere a un clone le stesse, identiche esperienze dell'originale, io dubito che verrebbe fuori la stessa, identica personalità: ciascuno elabora gli stimoli a modo proprio, perciò a stimoli uguali in tempi e circostanze uguali non corrisponde necessariamente una reazione uguale. Ecco perché l'anima non può essere il semplice impulso vitale, caratteristico di tutti i viventi: la vita si può riprodurre in laboratorio, la personalità neanche a parlarne.
Il tuo ragionamento, in ogni caso, fa una grinza: seppur costruito in laboratorio, il clone non potrà mai essere totalmente uguale all'individuo d'origine. Questo perchè il fisico esteriore, quello che vediamo, non necessariamente condiziona anche il fisico interiore e il suo buon funzionamento.
La motivazione di tutto ciò, se vogliamo essere precisi, deriva dal fatto che durante la clonazione viene prelevato soltanto il DNA del nucleo di una cellula somatica, mentre viene totalmente ignorato il DNA mitocondriale. Questo utilizzo parziale delle informazioni, porta a non ottenere un individuo totalmente uguale a quello di partenza.
Senza contare, ovviamente, che è impossibile far rivivere tutte le stesse esperienze a due persone differenti, in quanto anche una caduta dal seggiolone da neonati può influire sulla personalità futura.
L'essere umano, al contrario di tanti altri animali, non è in grado di sopravvivere in un ambiente avverso soltanto con le sue capacità fisiche. Per questo si dice che la cultura dell'uomo, società compresa, viene considerata una "seconda natura". Quindi, tutte quelle decisioni, quei pensieri e quell'etica umana che sembrano così futili dal punto di vista biologico, sono in realtà alcune delle poche ragioni della sopravvivenza umana.Claudio-Olyandra ha scritto:Io invece credo che il daimon sia a monte dei singoli processi mentali, come generatore degli stessi. Perché un uomo dovrebbe pensare? Perché dovrebbe prendere decisioni diverse da quelle elementari che garantiscono la sopravvivenza? Perché dovrebbe porsi il problema etico?
Se non l'hai già fatto, ti consiglio di leggere "L'uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo." di Arnold Gehlen. Spiega bene tutta la questione
Tecnicamente, quello che spinge a far attivare tutti i processi psichici è proprio l'istinto di sopravvivenza.Claudio-Olyandra ha scritto:Il daimon lo spinge a fare questo. Non è perciò un processo mentale fra tanti, bensì la ragione ultima per cui il cervello si attiva, cioè l'anima unica ed irripetibile di quell'essere umano.
Infatti il singolo processo mentale non fa una persona: è l'insieme dei processi mentali a rendere completo un essere umano. Senza contare che poi, ogni singolo processo, è diverso per ogni vivente.Claudio-Olyandra ha scritto:Il singolo processo mentale non è esclusivo di nessuno, mentre l'anima è tipica e differenziata per ogni uomo.
Tra l'altro, stiamo parlando di processi mentali come cavoli a merenda, senza aver dato loro una connotazione degna. Rimediamo:
I processi mentali si suddividono in processi cognitivi (percezione, attenzione, intelligenza, memoria, pensiero, immaginazione, linguaggio, coscienza) e in processi dinamici (bisogno, pulsione, attaccamento, emozione, motivazione, personalità). Rimangono fuori dalle due categorie il comportamento manifestato, l'opinione, l'atteggiamento e la sensazione, in quanto processi psichici molto superiori.
Questo per rendervi consapevoli della grandezza di quelli che sono i processi mentali e del ruolo che ricoprono nell'uomo.
Non credo: molti animali agiscono secondo un'etica molto più rigida di quella umana.Claudio-Olyandra ha scritto:Detto questo, appare evidente che i batteri non abbiano anima, né conseguentemente daimon, e lo stesso può dirsi per moltissimi altri viventi. Sospendo il giudizio sui mammiferi superiori, ai quali credo che sia comunque estranea ogni forma di eticità.
Se per "anima", come mi pare di aver capito, intendi tutta questa serie di scelte e azioni che l'uomo può compiere in maniera autonoma, libera e creativa, allora anche gli esseri più inferiori ce l'hanno. Le amebe, ovviamente, essendo organismi molto semplici, si preoccuperanno di scegliere se fagocitare un'alga o un protozoo, ma direi che è in grado anch'essa di intendere e di volere.
Però so che su questo punto non andremo mai d'accordo, e un po' mi dispiace.
C'è qualcosa che non mi quadra.Raven e Antares ha scritto:Torniamo, quindi, alla domanda principale.
Daimon è sinonimo di coscienza, come già Socrate aveva ipotizzato?
No, ma ci siamo vicini.
Claudio-Olyandra ha scritto:La conclusione mi trova perplesso: il daimon non È un processo mentale: tutt'al più, interagisce con l'uomo PER MEZZO di processi mentali. L'uomo e il daimon sono due poli che si completano a vicenda ed hanno come punto di contatto la mente: poiché questa presuppone un cervello ma non si appiattisce sullo stesso, costituisce il collegamento ideale fra la materialità dell'uomo e del suo cervello e la spiritualità del daimon e della sua eticità intrinseca. Possiamo pertanto affermare, in definitiva, che il mistico legame fra uomo e daimon, fra corpo (incluso il cervello) e anima, è la mente.
Se l'uomo è il daimon e il daimon è l'uomo, ma non sono la stessa cosa; se il punto di contatto è la mente, e la mente è costituita dai processi mentali, i quali sono mezzo attraverso il quale il daimon comunica... che cos'è l'essere umano? E' semplicemente il corpo?