Fondamenti del Daimonismo (prima edizione)

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Claudio-Olyandra
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Fondamenti del Daimonismo (prima edizione)

Messaggio da Claudio-Olyandra » mer 13/gen/2010 22:53:31

Inquadramento generale e cenni storici
Il Daimonismo è un movimento filosofico nato nel 2003 negli Stati Uniti d'America e poi diffusosi in altri Paesi (fra cui l'Italia), secondo il quale ciascun uomo è dotato di un'anima con la quale può interagire interiormente per acquistare una maggiore consapevolezza di sé e per vivere in modo più pieno ed autentico ogni singola esperienza della vita. Tale anima prende il nome di "daimon". Il termine "daimon" non è di nuovo conio: ricorre in Omero e in Esiodo (Le Opere e I Giorni), ma la prima riflessione organica in materia la dobbiamo a Socrate, della quale Platone ci fornisce prova nella sua "Apologia di Socrate". Egli attribuiva la propria ispirazione a quest'entità che, per l'appunto, "partecipa del divino", collocandosi a metà tra la natura umana (passione) e quella divina (ragione) e fungendo da intermediario. In tempi assai più recenti la speculazione sull'anima è stata ripresa da Freud, Jung ed Hillman, i quali hanno sviluppato modelli che vengono tuttora impiegati per lo studio della psiche e delle sue patologie. Tali filosofie hanno in parte ispirato il Daimonismo, ma questo non presenta un diretto collegamento con alcuna di esse e nemmeno, malgrado le analogie terminologiche, può essere semplicisticamente ricondotto a Queste Oscure Materie (La Bussola d'Oro, La Lama Sottile, Il Cannocchiale d'Ambra), la trilogia fantasy scritta da Philip Pullman. È dunque lecito affermare che il Daimonismo costituisce un approccio filosofico nuovo a questioni che l'uomo ha già affrontato, da prospettive e con finalità ogni volta diverse, nel corso della storia. I seguaci di questa filosofia prendono il nome di "daemian" (pron. lat.: "dèmian"; pron. ingl.: "dìmian").


Organizzazione e princìpi fondamentali del Daimonismo
I daemian sono organizzati in comunità nazionali, ciascuna delle quali fa capo ad un sito e ad un forum. Il forum costituisce ambiente di dibattito filosofico e di condivisione delle esperienze esistenziali e consente di sviluppare e consolidare i vari princìpi fondativi del Daimonismo, che normalmente vengono ripresi e trascritti, nella loro versione definitiva, all'interno del sito. La totale assenza di un apparato gerarchico deputato a dettare i capisaldi della filosofia implica una sostanziale parità fra tutti i daemian, che possono liberamente contribuire all'espansione del movimento, allegando le proprie testimonianze e speculazioni ovvero confutando le opinioni degli altri daemian. Deve perciò considerarsi puramente convenzionale e desueta la distinzione (assai diffusa nella comunità statunitense, molto meno in quella italiana) fra "novizi" e "veterani", ai quali non sono comunque associati maggiori ruoli e poteri all'interno del movimento: l'unica garanzia di autorevolezza è la coerenza e profondità delle riflessioni, alcune delle quali vengono corroborate dall'intera comunità (o persino da più comunità) fino a diventare, pacificamente e senza procedure formali, pilastri del Daimonismo. Tali pilastri generalmente non vengono messi in discussione, non tanto perché ritenuti immuni da errore, bensì in forza del diffuso od unanime consenso di cui godono presso i daemian, novizi o veterani che siano. Talvolta, però, vista la democraticità e la parità che caratterizzano il Daimonismo, capita che qualche principio, a lungo stimato meritevole di alta considerazione, sia confutato e superato: trattandosi infatti di una filosofia sull'anima, e sul rapporto tra questa e l'uomo, è ovviamente impossibile raggiungere risposte definitive ed incontrovertibili, stante anche la carenza di prove sperimentali di carattere scientifico. Così premessa la costante e fisiologica evoluzione del movimento, possono attualmente considerarsi princìpi fondamentali i seguenti.

1) "L'uomo è il daimon ed il daimon è l'uomo."
Quest'aforisma giova da linea di demarcazione netta tra il Daimonismo ed altre filosofie e religioni. L'elemento discretivo risiede nella natura del daimon: egli (e non: "esso"; inoltre, in virtù di una prassi largamento diffusa, i pronomi complemento "lui" e "lei" prendono una seconda i finale, se riferiti ad un daimon, per facilitare la distinzione) non costituisce un'entità esterna all'uomo (dunque il daimon NON è un totem, né uno spirito degli antenati, né un angelo custode e via dicendo), ma una parte del medesimo. Il concetto è assai complesso ed è stato sviluppato in due diverse direzioni, che prendono comunemente il nome di "vecchia scuola" e "nuova scuola". Secondo la nuova scuola, dotata di minor credito presso i daemian, il daimon sarebbe un artificio della mente, una sorta di alter ego creato appositamente per favorire l'introspezione e la presa di coscienza di pensieri ed emozioni ritenuti inconfessabili e perciò normalmente repressi. In altri termini, i daemian di nuova scuola considerano il daimon un prodotto dell'uomo, che assolve a determinate funzioni per il tornaconto esclusivo di questi. Quest'interpretazione si è diffusa a dismisura nei mesi successivi al rilascio del film "La Bussola d'Oro": molti ragazzi, entusiasmati dall'idea di avere per davvero un daimon, si sono iscritti nei forum in massa, proponendo questa concezione ontologicamente riduttiva e mortificante, per la quale i daimon sarebbero poco più che personaggi fantastici che tengono compagnia. Non stupisce, pertanto, che la nuova scuola sia estremamente circoscritta. Molto più complessa e filosoficamente problematica è la visione della vecchia scuola. Essa considera il daimon come l'anima (o una parte di anima: sul punto non si è finora raggiunta una posizione largamente condivisa) dell'uomo, perennemente legata a quest'ultimo. Il legame non va inteso in senso fisico, come una sorta di campo energetico mistico che unisce uomo e daimon (chi ha visto il film potrebbe essere tentato da questa tesi balzana), bensì in senso esistenziale ed ontologico. L'uomo è tale perché gode di un'anima e l'anima è tale perché è associata ad un corpo: i due elementi, considerati separatamente, vengono irrimediabilmente snaturati, in quanto la loro essenza risiede nella loro unità. Il fatto che la natura dell'uno dipenda strettamente dalla presenza dell'altro viene espresso col termine "coessenzialità". Detto questo, non bisogna però credere che l'uomo ed il daimon siano la stessa cosa, quasi si trattasse di due sinonimi che designano il medesimo concetto: i pensieri dell'uomo, ad esempio, non sempre coincidono con quelli del daimon. Conseguentemente, l'uomo è il daimon, ma allo stesso tempo non è il daimon: uguaglianza e diversità sono due concetti intimamente connessi, che rendono difficoltosa la corretta interpretazione dell'aforisma. Per spiegare al meglio quest'apparente aporia sono state elaborate due teorie organiche - la Teoria della Moneta e la Teoria della Volontà, la prima più orientata in senso strutturale (chi è il daimon?) e la seconda in senso funzionale (a cosa serve il daimon?) - ed una miriade di riflessioni isolate finora prive di un collante omogeneo. Il rapporto uomo-daimon può, in linea teorica, essere spezzato: questo aberrante fenomeno, che sovvertirebbe irreparabilmente la natura di ambedue, porta il nome di "intercisione". Taluni distinguono l'intercisione strutturale (l'uomo viene privato del daimon) da quella funzionale (il daimon resta ma non riesce più a comunicare con l'uomo), ma l'indagine in materia procede per congetture ed attualmente nessuna ipotesi si è consolidata.

2) "L'uomo ed il proprio daimon possono dialogare fra loro."
Questo è il pilastro che presenta maggiori risvolti pratici: mancando prove sperimentali (ma esistono testimonianze e speculazioni razionali) dell'esistenza dei daimon, ciò che spinge una persona, inizialmente scettica, ad aderire a questa filosofia è proprio l'esperienza personale. Per dialogare con la propria anima non sono richiesti riti o requisiti particolari: tutto ciò che occorre è un luogo abbastanza tranquillo (onde evitare rumori molesti ed altre distrazioni) ed un minimo di fiducia (è evidente che chi tenta il dialogo, prendendosi al contempo in giro per l'assurdità che sta compiendo, non potrà approdare a nulla). La prima cosa è sgombrare la mente da pensieri ed emozioni, soprattutto ansie e preoccupazioni: questi affanni impediscono infatti una corretta introspezione. Successivamente, si rivolge una domanda (o, più comunemente, un banale "ciao") a se stessi, aspettando pazientemente una risposta. Possono essere necessari svariati tentativi. Fatto sta che tutti i daemian alla fine testimoniano di aver percepito una debole vocina nella testa, di qualità diversa dalla propria, come se quel pensiero e quelle parole non fossero frutto della propria mente. Pian piano, procedendo per gradi e senza fretta, si impara a distinguere la propria voce da quella del daimon, sempre a livello di pensiero, e si può impostare una vera e propria conversazione. Il beneficio che si trae da questa conversazione non è certo quello di accumulare nuove nozioni od esperienze: il daimon, essendo speculare (il daimon e l'uomo sono speculari l'uno rispetto all'altro) e coessenziale all'uomo, non sa più cose di quante ne sappia lui, però le conosce meglio. L'uomo, infatti, durante la propria crescita, entra in contatto con la cultura e le convenzioni sociali, latamente intese, che possono facilmente portare ad una mistificazione della propria identità, nel senso che la persona indossa inconsciamente una maschera che distorce la percezione dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti effettivi, adattandoli a ciò che l'ambiente di vita esige. I daemian che dialogano frequentemente col proprio daimon affermano di sentirsi più liberi, di conoscersi più accuratamente e di aver preso atto di problemi interiori che non reputavano esistenti. Ciò è possibile perché il daimon, essendo un principio puramente spirituale (tesi metafisica) ovvero una parte profonda della psiche (tesi materialistica), non è soggetto alle lenti deformanti ed è perciò in grado di guidare l'uomo al di là degli autoinganni, sempre che quest'ultimo collabori. È sbagliato vedere il daimon come un salvatore che giunge dall'alto a sbloccare l'uomo dai suoi condizionamenti psicologici: solo la piena e sincera sinergia fra uomo e daimon può produrre qualcosa di positivo. Durante il dialogo può capitare di interloquire con un ente che si spaccia per daimon senza esserlo (cosiddetto "ente pseudodaimoniano"), ad esempio un headmate (compagno mentale). Gli enti pseudodaimoniani sono personificazioni di paure, desideri o interessi rilevanti per l'uomo, ma non hanno nulla a che fare con l'anima e generalmente svaniscono non appena la paura, il desiderio o l'interesse sottostanti sono stati affrontati, soddisfatti o scoperti. In linea di massima, un daemian abbastanza esperto non incontra difficoltà nello smascherare l'impostura.

3) "L'uomo può visualizzare e proiettare il proprio daimon, il quale possiede una forma, variabile o fissa, che rappresenta simbolicamente il carattere di lui."
Malgrado il daimon sia incorporeo, l'uomo può "vederlo", prevalentemente sotto forma di animale. Tale forma è nettamente predominante perché consente una più rigorosa identificazione del carattere della persona, ma non mancano daemian capaci di "vedere" il proprio daimon in forma mitologica o, addirittura, umana, benché la comunità sia solitamente cauta nel dar credito a queste asserzioni, che potrebbero essere frutto di una fantasia troppo fervida. Non si tratta ovviamente di una visione fisica, come se il daimon fosse materialmente presente nelle vicinanze, ma di un artificio della mente mediante il quale egli assume una forma intellegibile ben precisa. Si parla di "visualizzazione" quando la sagoma del daimon è percepita ad occhi chiusi, su sfondo nero; si predilige invece il termine "proiezione" quando l'effigie del daimon si sovrappone, come una specie di patina diafana, alle immagini percepite dall'occhio. Nonostante le due esperienze "visive" siano distinte, è alquanto diffusa, specie nella comunità italiana, la prassi impropria di usare il termine "visualizzazione" per designare indifferentemente sia la visualizzazione vera e propria sia la proiezione. Queste pratiche sono notevolmente difficili e non tutti i daemian sono in grado di padroneggiarle: occorrono elasticità mentale ed immaginazione visiva, oltre che una discreta conoscenza di se stessi e del comportamento tipico dell'animale del quale il daimon ha assunto la forma. Alcuni daemian (principalmente disegnatori, scrittori e poeti) riescono addirittura a vedere il daimon in movimento, altri invece non sono neppure capaci di scorgerne il profilo. La forma del daimon esprime simbolicamente la personalità dell'uomo: a ciascuna specie animale corrisponde un preciso carattere e viceversa. Questo non significa, naturalmente, che i daimon siano animali. Gli analisti sono daemian appassionati di zoologia ed etologia che riescono a compiere queste associazioni fra caratteri e forme: in particolare, l'"analisi diretta" deduce il carattere dalla forma (per es., un daimon in forma di gatto esprime una natura solitaria, indipendente, emotivamente fredda etc.), mentre l'"analisi inversa" tenta di indurre la forma dal carattere (ad es., che forma avrà il daimon di una persona solitaria, indipendente, emotivamente fredda etc.?). Per raccogliere le informazioni utili ai fini dell'analisi inversa, è consuetudine sottoporre all'interessato un preciso questionario, al quale bisogna rispondere, per ottenere risultati soddisfacenti, in modo quanto più possibile esauriente. Questo lavoro è assai prezioso, però ciascuno resta il vero analista di se stesso: anche con una grande buona volontà, è possibile che alcune risposte non siano del tutto sincere e, in ogni caso, nessuno può pretendere di conoscere una persona più di quanto questa conosca se stessa. Le analisi, dunque, sono meramente orientative. Il daimon ha comunemente sesso opposto rispetto a quello dell'uomo (ma non sono infrequenti le eccezioni) e, in proposito, va divelto il pregiudizio che l'uguaglianza di genere sia indice di omosessualità: il sesso del daimon non è altro che una componente della forma che fornisce dati aggiuntivi sul carattere dell'uomo (ad es., il pavone maschio è esibizionista, quello femmina schivo). La forma del daimon è notoriamente variabile durante la crescita (ciò esprime la mutevolezza del carattere del bambino e dell'adolescente), per poi stabilizzarsi con la maturità, quando il carattere ha assunto una propria fisionomia definita. Per quanto sia allettante pensarlo - e l'opera fantasy di QOM spinge a crederlo -, la stabilizzazione non ha nulla a che vedere con la pubertà, d'altronde sarebbe assai eccentrico sostenere che le fattezze caratteriali di un dodicenne rimarranno identiche a trenta o quarant'anni. Una forma stabile può mutare in caso di eventi traumatici od altri profondi sconvolgimenti, non necessariamente negativi, e sono frequenti le false stabilizzazioni: un daemian crede che il suo daimon si sia stabilizzato (lo visualizza/proietta sempre in quella forma), per poi scoprire di essersi sbagliato. Di norma, si richiede una costanza di forma di almeno un mese ininterrotto, prima di ventilare l'ipotesi della forma fissa.
Daimon uniuscuiusque humanitatis caput et fundamentum est semperque esto!

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