nel manuale di filosofia antica mi sono imbattuta in questa definizione:
adesso però sono ben a conoscenza del fatto che la felicità "alla greca"il termine greco eudamonìa designa la felicità. da esso deriva l'espressione di eudaimonismo,
con cui viene indicata la dottrina morale preminente nel mondo antico,
che lega strettamente il bene con la felicità.
etimologicamente significa avere dalla propria parte un buon demone che protegge l'uomo
dalle avversità della vita. [...]
l'individuo ha bisogno di una potenza divina a lui favorevole, di un dàimon dalla propria parte.
pur avendo fondato l'intero nostro pensiero occidentale
non sia la stessa felicità che noi moderni intendiamo nei discorsi. per fare chiarezza:
•felicità intesa dagli antichi greci = bene universale ed ESTERIORE all'uomo.
in questa prospettiva il bene può essere compiuto da enti metafisici per chiunque.
•felicità intesa nella modernità occidentale = soddisfacimento individuale, empirica e SOGGETTIVA
che ha a che vedere esclusivamente con la propria persona. (vedi Kant ed il suo imperativo categorico)
muta, come ben sappiamo anche l'accezione di daemon:
il daemon che ipotizzano i vari empedocle, socrate, platone, epitteto e compagnia bella sono enti esteriori
e seppur spirituali e benevoli all'uomo essi rimangono comunque enti esterni.
mentre invece il daemonismo così come lo concepiamo noi è tutt'altro che un qualcosa di esteriore:
sia che il daemon venga considerato l'anima, sia che venga considerato una parte della nostra mente
rimane pur sempre parte intrinseca di noi.
messi in chiaro questi due punti di distinzione antico/moderno, attraverso la concezione di eudaimonìa greca
io mi sento di affermare che a mio avviso la felicità risiede nel daemon, nel rapporto che con egli si instaura
e nel grado di introspezione che un uomo riesce ad avere con se stesso, cioè col proprio daemon.
se la felicità infatti è qualcosa che appaga il nostro desiderio di bene assoluto, è impossibile aspirare ad essa
senza essere in grado di comunicare con la parte più importante ed eticizzante di noi
in quanto se si è in armonia con se stessi solo e solo allora si potrà essere davvero felici!
il binomio antico/moderno serve soprattutto a spiegare perchè noi moderni, soli in mezzo alla folla (come dice kierkegaard)
abbiamo bisogno di comunicazione e armonia tra le varie parti di noi stessi per raggiungere quella felicità
che si configura come bene interiore e capacità di autosoddifacimento.
voi cosa ne pensate? :3