Ci sto pensando su da diversi giorni, quindi oggi vedrò di esporre la mia teoria circa una forma diversa e più subdola di headmate.
Sappiamo tutti che l'headmate è un costrutto mentale causato da ansie, paure, traumi molto forti che portano la nostra mente a concentrarsi su un loop di pensieri negativi, senza la possibilità di metterli a tacere. Normalmente sono temporanei ed esistono finchè la fonte del disagio della persona che li "crea" svanisce, lasciando la sua mente libera dal peso. Ma se quest'ansia fosse invece di un tipo permanente e ancorato profondamente nel nostro essere?
Esistono molti tipi di ansie, ma alcune di queste sono molto più pressanti e tenaci di altre. Se queste sono poi associate ad un livello molto basso di autostima, c'è il rischio di sviluppare un sistema mentale autodistruttivo da cui è parecchio difficile uscire, ovvero il self shaming. In italiano potrebbe venir tradotto come senso di colpa, ma non credo renda bene l'idea come invece fa il termine in inglese. Come dice il nome, il self shaming è l'abitudine a colpevolizzarsi per qualunque cosa, non importa se sia davvero colpa nostra. Ti capita di dire qualcosa di stupido in una conversazione? La tua mente reagisce dicendo "Sono un'idiota, non riesco neppure a esprimermi, sono un fallimento." Ti cade a terra un oggetto? "Sono così goffa e stupida, non so fare niente di buono." Qualcuno ti chiede ti passargli il sale? "Capisco, il piatto che ho cucinato fa schifo, sono una pessima cuoca e lui mi odia per questo." Tutto questo nonostante sia chiaro che la persona che pensa queste cose non sia effettivamente colpevole di queste situazioni, o comunque non è in grado di metabolizzare l'accaduto nel modo giusto, vale a dire "io ho fatto qualcosa di sbagliato" e non "io sono sbagliato". Attenzione, la differenza è enorme: nel primo caso si colpevolizza l'azione in sè, nel secondo ad essere colpevolizzata è la persona stessa che compie quell'azione. Credo sia lo stesso meccanismo che porta il bambino a darsi la colpa per i litigi dei genitori pur non essendo neppure considerato nei loro dibattiti, a causa dell'ansia profonda provata nel vedere i pilastri della sua vita vacillare. Pur di trovare uno sfogo a quell'ansia e una causa a cui attribuirla, il bambino rivolge la colpa verso sè stesso perchè non conosce altro nella propria vita.
Ora, il problema sorge quando questo meccanismo di self shaming permane anche nell'età adulta, a causa di un livello di autostima mai del tutto recuperato. Potremmo usare un link rotto come metafora: pur sapendo che quel link porta su pagine vuote o sbagliate, continuiamo a clickarlo perchè non abbiamo a disposizione link corretti e ci siamo abituati alla posizione e all'aspetto di quel link. Pur essendo in grado di valutare con obiettività una data situazione, l'adulto continua a darsi la colpa e flagellarsi per i propri errori, entrando per l'appunto in un loop di ansia e senso di colpa spesso responsabile di disturbi come la depressione o l'ansia. Non può fare nulla per impedirlo, e frasi come "basta un pò di buona volontà per superarlo" risultano vuole e senza senso perchè la fonte del trauma è troppo profonda per poter essere rimossa solo volendolo. Si affida tutto il proprio valore sui pareri degli altri, quindi ogni più piccolo errore è fonte di ansia. Nella nostra società che ci vuole sempre perfetti, sempre attivi e combattivi, sempre all'altezza delle aspettative sociali, questo meccanismo insano è molto più comune di quanto non si creda.
Pensate che questo meccanismo possa essere considerato un headmate? Non può essere controllato, si basa su emozioni negative e traumi, non può venir cancellato o messo a tacere. Spesso non ha volto, ma una volta individuato il problema e considerato in chiave del daimonismo, forse potrebbe essere più facile riconoscerlo e gestirlo almeno in parte. Spesso, in caso di depressione si consiglia ai pazienti di dare un volto e un nome alla propria depressione, così da fargli capire che a parlare non è il paziente stesso, ma gli squilibri ormonali e chimici del proprio corpo e i propri traumi passati. Celeberrimo è il caso di Winston Churchill e il suo "cane nero", il nome e la forma che esso diede alla sua depressione per poterla affrontare con chiarezza, isolandola da sè stesso e consentendogli di combattere contro un costrutto mentale ben definito, e non un'entità misteriosa e senza volto. Grazie a questo costrutto Churchill riuscì a rompere il loop che lo portava a colpevolizzarsi e rendersi conto che non era lui ad essere sbagliato, ma solo l'ansia che lo attanagliava.
Detto ciò, lascio a voi le opportune considerazioni. Vi lascio un pò di link che ho trovato al riguardo:
http://www.istitutogestalt.net/articoli ... colpa.aspx
https://www.psychologytoday.com/blog/en ... -and-shame
http://www.angriesout.com/teach8.htm
http://psychcentral.com/blog/archives/2 ... xic-shame/
http://www.psicologotivoli.com/index.ph ... Itemid=154
http://www.ilgiornale.it/news/winston-c ... -nero.html
http://www.iltempo.it/cronache/2006/03/ ... o-1.949687
Piccolo edit: il libro di Rebecca Hunt incentrato sul cane nero di Churchill è un romanzo ovviamente, viene descritto come corporeo ma è solo una storia basata su constatazioni reali di Churchill. Si trattava di un costrutto mentale, non di un vero cane parlante. Sento di doverlo specificare forzatamente, visti alcuni episodi passati.
Headmate permanente
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Re: Headmate permanente
Oddio lory, avevo pensato proprio al cane nero di churchill! C'è un bel libro che tratta l'argomento e che ho letto mille volte quando mi trovavo in condizioni simili (si chiama proprio "il cane nero" ma non ricordo l'autrice). L'argomento che si affronta in questo post è complesso e spaventoso. Penso che incanalare le proprie ansie o paure profonde in qualcosa di "materiale" (tra molte virgolette) possa aiutare molto. Non credo di aver costruito volontariamente i miei headmate, ma erano sicuramente rappresentativi dell'ansia opprimente di quei momenti... Non so se un headmate possa restare per sempre. Sembra scontato, ma ci vuole forza di volontà per uscirne, così come ci vuole per tutto. Subire passivamente una terapia non aiuta: bisogna convincersi di essere capaci. Posso solo parlare della mia esperienza, ma farmaci e dottori non mi hanno mai aiutata ed è stata solo una botta di autostima insieme al "cambiare" modo di pensare a tirarmi fuori. So che non si collega del tutto al discorso headmate, ma io ho fatto così: sto simpatica a della gente, perché mi preoccupo di fare cattiva impressione? Tutti fanno briciole quando mangiano, perché devo chiudermi in bagno a pranzare? I miei ragionamenti non sono affatto male, perché devo aver paura di esporli? Sono una persona divertente, perché devo scappare invece di socializzare? È difficile farcela senza un sostegno ed è difficile farcela quando il self shaming è particolarmente radicato o permane da anni e anni, ma la chiave del cambiamento ce l'abbiamo noi: nessuno può guarirci al posto nostro, aanche se penso spesso che avere una buona rete di legami, amici o affetti aiuti molto. Ci vuole un'iniezione di autostima, per cominciare.
Ahem, scusa, ho divagato un sacco.
Sinceramente credo che si, possa essere considerato un headmate, anche se in senso molto lato. È brutto, angosciante, limitante e ti soffoca, ti opprime e ti impedisce di vivere appieno.
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Sinceramente credo che si, possa essere considerato un headmate, anche se in senso molto lato. È brutto, angosciante, limitante e ti soffoca, ti opprime e ti impedisce di vivere appieno.
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Re: Headmate permanente
Drei che il crearsi un costrutto mentale "semiesterno" alla cosa è affine al prinipio di daimon, benchè il risultato sia esattamente opposto e differente.
Il dare un nome all cose ci permette di darle un volto. Una cosa senza volto è ignota, el 'uomo non sa o non può affrontare quello che è ignoto. Non ne ha i mezzi, essendo comunque un animale, fortemente ancorato per buona metà in un mondo esclusivamente fisico e conoscitivo.
Dando quindi un'espressione a queste cose senza forma, si riesce a combatterle o anche semplicemente ad isolarle, analizzarle e poi pian piano prenderci confidenza.
Se ci fate caso, la maggior parte di noi comincia ad usare meno la visualizzazione e il contatto verbale quando inizia ad avere familiarità con il daimon, perchè?
Parlando invece strettamente di hedmate, credo che il self shaming vi sia assolutamente collegato. Dare una forma a questi pensieri, appunto, aiuta a combatterli e cacciarli via.
non posso cacciare un'ombra, ma un drago sì, anche a calci nel sedere se serve.
Il dare un nome all cose ci permette di darle un volto. Una cosa senza volto è ignota, el 'uomo non sa o non può affrontare quello che è ignoto. Non ne ha i mezzi, essendo comunque un animale, fortemente ancorato per buona metà in un mondo esclusivamente fisico e conoscitivo.
Dando quindi un'espressione a queste cose senza forma, si riesce a combatterle o anche semplicemente ad isolarle, analizzarle e poi pian piano prenderci confidenza.
Se ci fate caso, la maggior parte di noi comincia ad usare meno la visualizzazione e il contatto verbale quando inizia ad avere familiarità con il daimon, perchè?
Parlando invece strettamente di hedmate, credo che il self shaming vi sia assolutamente collegato. Dare una forma a questi pensieri, appunto, aiuta a combatterli e cacciarli via.
non posso cacciare un'ombra, ma un drago sì, anche a calci nel sedere se serve.
I'll shake the ground with all my might
I will pull my whole heart up to the surface
For the innocent, for the vulnerable
I'll show up on the front lines with a purpose
And I'll give all I have, I'll give my blood, I'll give my sweat-
An ocean of tears will spill for what is broken
I'm shattered porcelain, glued back together again
Invincible like I've never been
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Re: Headmate permanente
Sono d'accordo. Non ho mai avuto headmate ma li immagino come qualcosa di opprimente dal quale credi di non uscire mai. E credo anche io che possano essere legati a traumi vari o sensi di colpa quando si era bambini, dato che l'infanzia è importantissima e ci ha portati tutti a pensare come pensiamo adesso.
Non ho mai subito traumi da piccola né cose simili, fortunatamente, però di psicologi vari da bambina ne ho passati tanti e mi ricordo che parlavano di qualcosa del genere, simile ad un headmate nel daimonismo,in effetti.
La mia visione di headmate è la canalizzazione di ansie e paure varie con pensieri ricorrenti e negativi. A proposito di headmate permanenti, spero che non succeda a nessuno qui, deve essere bruttissimo non potersene disfare.
Non ho mai subito traumi da piccola né cose simili, fortunatamente, però di psicologi vari da bambina ne ho passati tanti e mi ricordo che parlavano di qualcosa del genere, simile ad un headmate nel daimonismo,in effetti.
La mia visione di headmate è la canalizzazione di ansie e paure varie con pensieri ricorrenti e negativi. A proposito di headmate permanenti, spero che non succeda a nessuno qui, deve essere bruttissimo non potersene disfare.
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Re: Headmate permanente
Guarda, mentre leggevo, concordavo in pieno: d'altro canto, se il daimon agisce per lo sviluppo, evoluzione e difesa dell'io, cosa potrebbe opporsi ad esso se non un meccanismo di autentica distruzione come appunto il selfshaming?
Devo dire che io ne soffro. E non lo dico per egocentrismo: effettivamente, quando sono di fronte ad un problema, mi spacco in due: da un lato si esplicita un'aggressività nei confronti degli altri ("sono stati LORO a farmi sbagliare, sono dei bastardi") dall'altro il selfshaming mi torna indietro ("Hai sbagliato te e non lo vuoi ammetterlo"), Nel mezzo c'è Ariel che mi dice "valutiamo la cosa".
Chiusa la parentesi, concordo con quanto ha detto Imma: dare un nome o un aspetto alla propria paura/ansia/selfshaming è utile perchè rendere reale un immagine o una situazione (anche solo nella mente) aiuta a concentrarsi su di essa. Peraltro, veloce OT: ultimamente ho rivisto il mio headmate ed era grande quanto Ariel. Brutto segno.
Tornando alla tua teoria, Lory, non posso dire che concordo in tutto. E proprio in questo il daimonismo aiuta: se si ha un daimon (e se lo si ascolta. EHM) si ha accanto una persona che ci aiuta ad uscire e ci ricorda che il nostro io ha una dignita che il selfshaming non può e non deve abbattere.
Anche se, pensare al selfshaming come un headmate permanente è un immagine molto inquietante...
Devo dire che io ne soffro. E non lo dico per egocentrismo: effettivamente, quando sono di fronte ad un problema, mi spacco in due: da un lato si esplicita un'aggressività nei confronti degli altri ("sono stati LORO a farmi sbagliare, sono dei bastardi") dall'altro il selfshaming mi torna indietro ("Hai sbagliato te e non lo vuoi ammetterlo"), Nel mezzo c'è Ariel che mi dice "valutiamo la cosa".
Chiusa la parentesi, concordo con quanto ha detto Imma: dare un nome o un aspetto alla propria paura/ansia/selfshaming è utile perchè rendere reale un immagine o una situazione (anche solo nella mente) aiuta a concentrarsi su di essa. Peraltro, veloce OT: ultimamente ho rivisto il mio headmate ed era grande quanto Ariel. Brutto segno.
Tornando alla tua teoria, Lory, non posso dire che concordo in tutto. E proprio in questo il daimonismo aiuta: se si ha un daimon (e se lo si ascolta. EHM) si ha accanto una persona che ci aiuta ad uscire e ci ricorda che il nostro io ha una dignita che il selfshaming non può e non deve abbattere.
Anche se, pensare al selfshaming come un headmate permanente è un immagine molto inquietante...
https://38.media.tumblr.com/b12484c4d9f ... o1_500.gif Firewolf & Ariel Esistono!!!
Thanks to my sis Billy
Thanks to my sis Francy
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Pesci ascendente Cancro-Bue-Tiglio
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