Se reinterpretiamo "contatto" in chiave simbolica, il tabù mantiene una motivazione granitica: il divieto di toccare il daimon altrui è il divieto di giudicare l'altra persona per quello che è. Si può giudicare la condotta di una persona e, se del caso, punirla, ma, quando qualcuno pretende di decidere cosa un altro essere umano sia (e, implicitamente, quanto valga e quanta tutela meriti), abbiamo il biglietto di sola andata per la più barbara e sanguinaria delle dittature.
I nazisti condannavano gli imputati sulla base del tipo d'autore (cioè del modo di essere): sei di questa razza, hai questo carattere ribelle, hai un aspetto poco raccomandabile, dunque ti punisco. I Paesi civili, invece, condannano gli imputati sulla base del tipo di azione: ti sei comportato così, hai commesso questo fatto materiale contro la legge, dunque ti punisco. Il giudizio sull'essere è peculiare di chi si arroga di stabilire, quasi fosse una divinità, chi sia degno o no di vivere o di essere libero; il giudizio sul fare è proprio di chi ha l'umiltà di riconoscere l'imperscrutabilità dell'animo umano e l'incommensurabilità del suo valore intrinseco e si limita a trarre le debite conseguenze dall'osservazione di comportamenti antisociali. Non "tu sei un essere inferiore", ma "tu sei un mio pari, che ha agito male": tra l'uno e l'altro concetto corre la stessa differenza che separa l'oscurità totale dalla luce abbagliante.
Il tabù del contatto tra uomo e daimon altrui
-
- Daemian
- Messaggi: 4885
- Iscritto il: dom 03/feb/2008 13:57:00
- GPC: 02 gen 2008
- Forma: Albatro urlatore
- Località: Catania
- Età: 35
Re: Il tabù del contatto tra uomo e daimon altrui
Daimon uniuscuiusque humanitatis caput et fundamentum est semperque esto!