RedSoul&Denzela ha scritto:Se è per questo, in psicologia esiste un'approccio al tema diverso per ogni autore e scuola di pensiero.
Ho capito che il termine non ti va bene, ma allora devi trovere un termine che indichi "l'insieme delle caratteristiche psichiche e delle modalità comportamentali che definiscono il nucleo delle differenze individuali, nella molteplicità dei contesti in cui la condotta animale si sviluppa", anche se onestamente non capisco perché complicarci la vita.
Un articolo su come il termine personalità viene utilizzato in etologia:
http://www.treccani.it/enciclopedia/per ... Secolo%29/
Per carità, è sacrosanto che ci siano approcci diversi: la libertà della scienza si nutre del pluralismo teoretico. Non è un banale complicarsi la vita, infatti la mia strenua difesa del vocabolo "personalità" contro la sua indebita estensione agli animali non nasce da una mera simpatia e puntigliosità terminologica: il mio scopo è mettere in evidenza la
radicale discontinuità tra le caratteristiche psichiche e modalità comportamentali di un
essere autocosciente e libero (nell'accezione di libertà che ti ho dianzi spiegato e che tu condividi) e le caratteristiche psichiche e modalità comportamentali di un
essere meramente senziente, a causa della quale s'impone l'adozione di due parole diverse per designarle. Come poi, in concreto, si vogliano designare, è questione di gusti. Io uso "personalità" (o daimon) per gli autocoscienti e "indole" per i senzienti. Vogliamo mettere, rispettivamente, "Io" e "personalità"? Conveniamo su "mente" e "scegli-tu-cosa-per-gli-animali"? Alla fine, la lingua è convenzione. Però sia chiaro che, se proprio vogliamo riconoscere agli animali una personalità, non c'entra un fico secco con quella umana, la quale si fonda, oltreché sui fattori comuni agli animali, sulle attitudini appercettiva (autocosciente), intellettiva e creativa, che sono proprie ed esclusive dell'uomo.
RedSoul&Denzela ha scritto:Anche qui la realtà è che il termine "individuo" ha diverse accezioni, ma in genere sta ad indicare un essere nella sua unicità che lo rende diverso dagli altri suoi simili. Ed è già usato in riferimento a tutti gli esseri viventi, non solo agli animali, e non solo agli animali che possiedono un sistema nervoso centrale atto a sostenere un'attività psichica tale da permettere loro di avere una personalità.
Tu lo indendi come di solito si intende in relazione ad un essere umano, quindi in riferimento alla "persona" (essere umano autocosciente e quant'altro).
Il problema qui è un altro: non esiste un termine veramente appropriato per indicare la "persona animale" (inteso come individuo non umano avente personalità), quindi in mancanza di uno migliore direi che comunque il termine "individuo" si presta allo scopo, ed è già usato anche in questa accezione.
Ancora una volta, ciascuno può scegliere, in accordo con le proprie preferenze, i termini che desidera, purché non sorga alcun equivoco sull'incolmabile divario tra un essere senziente ed un essere autocosciente e libero: non potrà mai esserci, tra due mucche, la stessa differenza che corre tra Aristotele e Picasso, dunque l'unicità di un essere umano postula un'etichetta diversa da quella riservata all'assai più blanda unicità animale (tra l'altro, "unico" è propriamente riferibile al solo uomo: nel linguaggio filosofico, per lo più sostantivato, l’individuo o soggetto personale, o io, in quanto singolare, irripetibile, inconfondibile, eccezionale; cfr.
http://www.treccani.it/vocabolario/unico1/). Se vogliamo parlare di individualità animale, allora suggerisco di adoperare "singolarità" per l'uomo (nel linguaggio filos., il carattere di irripetibilità, inconfondibilità, unicità, proprio del singolo, del soggetto personale: la s. dell’io; cfr.
http://www.treccani.it/vocabolario/singolarita/).
RedSoul&Denzela ha scritto:Onestamente non vedo dove queste definizioni contraddicono quello che ho affermato io; come ho detto io: si usa in generale per definire "la facoltà di volere", nell'uomo come negli animali, e non solo nella sua accezione filosofica che non c'entrava ovviamente niente con il discorso.
Certo che si tratta di "una mera tendenza istintiva" in questo contesto, sia per gli animali che per l'uomo.
... Sai cosa significa il termine istinto, vero..?
Questa è una discussione su "personalità, carattere e daimon degli animali", perciò ha senz'altro natura (anche) filosofica.
Inoltre, la volontà NON è affatto una mera tendenza istintiva per l'uomo. L'uomo può sacrificare o frustrare deliberatamente i propri istinti, nel nome dell'etica, dell'arte, della scienza, di un ideale, di un sentimento totalizzante: gli animali non sono capaci di astrarsi dalla propria natura e sovvertirla, come l'uomo, entro certi limiti, quotidianamente fa. Gli animali non muoiono di fame pur di non rubare e conservare la dignità e l'onestà, non rinunciano al sesso in nome di una divinità, non rischiano la vita per rovesciare la tirannide o per aiutare le popolazioni colpite da calamità naturali o per combattere il crimine organizzato, non manipolano le proprie tette per ragioni estetiche, non praticano sport estremi per il puro diletto adrenalinico, non si elevano oltre il contingente per cogliere il sublime, il bello o l'assoluto, e così via all'infinito. Ancora una volta, è impossibile accomunare sotto la medesima etichetta la volontà umana (istinto + ambiente + autocoscienza/libertà) e l'impulso animale (istinto + ambiente).