Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

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Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Rani e Katya » mer 06/nov/2013 22:19:56

Piccola premessa: non è sicuro, ma potrei decidere, dopo aver terminato questa storia, di trasformarla in una serie il cui protagonista potrebbe non essere Lovecraft in tutte °° Metto in quote per far capire dove comincia la storia u.u
Era un’afosa giornata estiva, e il sole splendeva forte e luminoso, schiarendo le strade e le città.
Ma in un edificio nel mezzo di Providence, le tapparelle erano abbassate e le luci erano spente, creando un’atmosfera di penombra.
Dentro quell’edificio un uomo dallo sguardo serio e gli abiti scuri, sistemava alcuni fogli di carta sulla propria scrivania. Si soffermò a guardarne uno, una lettera.
Essa cominciava così:
“Egregio Sig. Howard Phillips Lovecraft”.

Storie del Necronomicon
L’ULTIMO DIO ESTERNO

Capitolo 1

La lettera era ormai datata di un anno, era finita in mezzo ad appunti e bozze di racconti e lo scrittore dell’orrido non aveva notato neanche che era rimasta tanto a lungo sulla sua scrivania. L’aveva scritta un uomo che diceva di essere uno studioso di occulto, proprio come lui. Egli gli chiedeva l’unica copia ancora esistente del Necronomicon, in possesso dello scrittore.
Il Necronomicon era un libro contenente conoscenza proibita, scritto dal folle arabo Abdul Alhazred molti e molti anni or sono, esso descrive delle creature blasfeme e deformi, lontane da qualunque concezione umana. Queste creature, chiamate Dei Esterni, sono alieni di un’altra dimensione, lo R’lyeh, ma prima ancora che gli uomini popolassero la Terra, erano loro a dominare il nostro mondo. Queste orride mostruosità odiano profondamente il genere umano e aspettano solo di poter tornare sulla Terra per estinguere la razza umana e riprendere il posto che spetta loro.
Lovecraft, un semplice scrittore, era riuscito a procurarsi per puro caso l’unica copia ancora integra di questo scritto proibito e aveva deciso di divulgare, attraverso i suoi racconti, le informazioni contenute nell’opera, affinché l’uomo fosse messo in guardia sugli Dei Esterni. L’ultimo racconto era stato scritto pochi anni prima. Da quel momento, il Necronomicon non era più stato aperto da lui.
Mentre la memoria di Howard tornava a quegli anni, qualcuno bussò alla sua porta. Lo scrittore aveva chiuso la tapparella per evitare che qualcuno potesse capire che era nel suo studio, non aveva voglia di vedere anima viva, ma a quanto pare era impossibile rimanere in pace.
Stracciò la lettera e si diresse ad aprire la porta. Dietro di essa trovò Carlos Smith, un suo vecchio compagno di liceo che non vedeva da lungo tempo.
«Lovecraft!» esclamò l’uomo ansimando.
«Smith? Che ci fai qui?»
Carlos entrò nello studio senza neanche chiedere il permesso e, ansimando, si sedette pesantemente su una poltrona di fronte alla scrivania dello scrittore.
«Non hai risposto alla mia domanda» rispose Howard visibilmente infastidito dalla presenza del conoscente.
«È successa una cosa...» rispose a stento Carlos prendendo fiato «Solo tu puoi aiutarci… È occulto...»
A quella parola, il viso di Lovecraft si scurì, e senza cambiare espressione tornò a sistemare le sue carte.
«Non sono un esorcista, Smith» rispose serio «Non sono neanche un investigatore dell’occulto o uno stregone. Sono uno scrittore»
«Ma tu hai letto il Necronomicon, Lovecraft!»
«Ho chiuso con quelle diavolerie arcane!» gridò a gran voce Howard.
Nella stanza calò il silenzio, rotto solo dagli ansimi di Carlos.
«Non ho motivo di continuare a studiarle» continuò Howard «L’umanità non merita di essere salvata»
«Smettila di chiuderti nella tua misantropia, Lovecraft»
«Guardati intorno! Ho descritto creature amorfe e crudeli affinché gli uomini potessero ravvedersi e invece che fanno? Fondano culti segreti che inneggiano a queste mostruosità! Io vi ho spiegato cosa sono gli Dei Esterni, ora ho finito»
Ripose dei libri su uno scaffale, mentre il vecchio compagno guardava il vuoto pensando a come rispondere. Aveva smesso di ansimare, ma il sudore continuava a farsi strada nel suo viso. L’espressione era quella di chi temeva per la sua stessa vita.
«Non hai mai parlato di questo» si limitò a dire.
Lo scrittore si voltò e lo osservò incuriosito.
«Nessun Dio Esterno ha mai fatto una cosa simile alle persone» continuò l’ospite con la voce rotta dalla preoccupazione «Non nei racconti che tu hai scritto. Non nel Necronomicon...»
«Spiegati» rispose rapidamente Lovecraft tornando a catalogare i libri e gli appunti.
«Le vittime impazzivano. Tutte, nello stesso momento. Si davano ad atti di follia e psicosi. I loro occhi non erano più attaccati al loro viso. Alla fine sono tutti morti dissanguati per il sangue scaturito dai bulbi oculari e dalla bocca…»
Lovecraft si fermò per ascoltare. Era visibilmente incuriosito dal discorso, ma non si voltò per non darlo a vedere. Non voleva avere nulla a che fare con tutto quello. Inoltre, impelagarsi in un’indagine dell’occulto significava parlare con delle persone, andare continuamente in giro per Providence o addirittura per il mondo e non ne aveva assolutamente voglia.
«Potrebbe essere stato Dagon, magari» commentò con aria di noncuranza «O magari Rammenoth che voleva degli occhi nuovi, chissà che qualcuno di quei culti proibiti non glieli abbia rubati»
«Lovecraft, ti prego!» esclamò Carlos voltandosi di scatto verso lo scrittore. Era evidente che non riusciva più a contenere la paura.
Howard lo osservò in silenzio, poi sospirò scocciato e disse: «Va bene, va bene… Verrò a dare un’occhiata, ma poi lascerò le indagini alle autorità».
Un enorme sorriso illuminò il viso di Carlos che si alzò di scatto dalla poltroncina e si diresse a lunghi passi verso la porta d’ingresso pieno di speranza.
Lovecraft lo osservò e quando si rese conto che lo stava aspettando per andare subito appoggiò pesantemente i libri ancora non catalogati sulla scrivania e prese la giacca con espressione stizzita.
«Andiamo, guardiamo, torniamo» precisò con espressione seria.
Dopodiché attraversò la porta.

Le strade erano ghermite di persone che andavano in giro indaffarate. Mescolate tra di esse c’erano anche uomini con lunghe tonache di vari colori, accoliti dei nuovi culti che stavano sorgendo in onore degli Dei Esterni.
La destinazione dei due colleghi era l’obitorio, dove i cadaveri trovati erano stati stipati dopo l’autopsia in attesa di essere seppelliti; giunsero a destinazione nel giro di poco meno di un’ora, lo studio di Lovecraft non era poi così lontano da lì.
Lo scrittore entrò nell’edifico a grandi passi, intenzionato a finire il prima possibile il suo compito.
Giunto nella camera mortuaria, il cadavere che prima di uscire Carlos aveva richiesto era già su un lettino, coperto da un telo. Lo scrittore lo esaminò attentamente e ne scoprì il volto. Le guance erano ancora solcate dai segni del sanguinamento.
Si trattava di una donna molto giovane e bella, che in quelle circostanze sembrava quasi una scultura, fredda, ferma e angelica.
«Una femmina» commentò stizzito Lovecraft «Dovevo aspettarmelo»
Provò ad aprire una palpebra e si rese conto dell’effettiva assenza dei bulbi oculari.
«Curioso…» commentò serio sotto lo sguardo del suo vecchio compagno di studi e del medico che li accompagnava.
«Tra pochi minuti» disse quest’ultimo «Dovrebbe arrivare il dottor George Birch, eminente studioso di misteri occulti della Miskatonic University di Arkham»
Lovecraft annuì e fece cenno al suo compagno di liceo di attenderlo.
In pochi minuti, come previsto, il ricercatore entrò nella stanza. Era un uomo sulla sessantina, ben impostato, con folti baffi e capelli radi. Un lungo cappello copriva questo difetto fisico e si abbinava perfettamente all’elegante abito indossato.
«Howard Phillips Lovecraft!» esclamò sorridendo «Mi avevano detto che vi avrei trovato qui!»
«Dottore...» lo salutò con garbo Lovecraft senza neanche abbozzare un sorriso.
I due si diedero la mano e Howard notò come il sorriso del dr. Birch nascondeva in realtà una ferrea volontà di dimostrarsi uno studioso migliore di lui.
«Avete già capito di cosa si tratta?» chiese lo studioso.
«No, in realtà no» rispose Lovecraft indicandogli il cadavere «Non ricordo nulla del genere dai miei studi sul Libro dei Nomi dei Morti»
Il dr. Birch si avvicinò al cadavere e lo esaminò, senza mutare la propria espressione da quando era entrato nella sala.
«Perché non gli date un’altra occhiata, dunque?»
«Non lo ho più» rispose senza scomporsi lo scrittore.
Nella camera calò il silenzio. Carlos Smith guardava il vecchio “amico” con sguardo sbigottito e l’espressione sul volto del dr. George Birch diventò seria.
«Che intendete?» chiese volgendosi a Lovecraft.
«Che l’ho dato via. Uno studioso di occulto di una città che non ricordo me lo ha chiesto e gliel’ho spedito»
«Lovecraft...» commentò Carlos spaventato «Hai dato via il potere di aprire un portale per lo R’lyeh ad una persona a caso..?»
«Non mi importa» rispose lo scrittore cupo «Gli Dei Esterni scenderanno tra noi ed è questo ciò che deve accadere per purificare questo mondo. Che accada prima o dopo, è irrilevante»
Il ricercatore sorrise e tolse le mani dal cadavere.
«Capisco il vostro punto di vista, signor Lovecraft, ma adesso quel libro ci è necessario. Potrebbe, per cortesia, rintracciare il suo acquirente?»
«Ho stracciato la lettera questa mattina, non ricordo neanche il nome di quel ricercatore»
Il volto del dr. Birch tornò serio.
«Non avevo idea che il tuo odio per l’umanità arrivasse a questo...» commentò spaventato Carlos.
«Ho cercato di aiutarla, se non vuole non posso farci nulla» sbottò stizzito lo scrittore «Però ricordo bene che non c’era nulla di tutto questo in quel libro»
Il ricercatore si schiarì la gola e si sistemò la giacca.
«Vedrò cosa posso fare con i miei studi, comunque» disse «Cercherò di giungere ad una risoluzione il più in fretta possibile e comunicarla alle autorità»
Lovecraft annuì e lo salutò nuovamente con una stretta di mano, poi si diresse nuovamente fuori dall’edificio.
GPC: 21 giugno 2008, ore 23:30.

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Re: Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Rani e Katya » ven 08/nov/2013 18:19:57

Capitolo II

Lovecraft aprì la porta del suo studio. Le tapparelle erano semi-chiuse come sempre e la stanza era immersa in un’atmosfera di penombra. Lo scrittore posò la giacca e si diresse alla sua scrivania, seguito da Carlos che si sedette nuovamente sulla poltrona.
Poi prese da un cassetto del mobile una rubrica telefonica e cominciò a sfogliarla alla ricerca di qualcosa.
«Qualche idea?» chiese Carlos incuriosito.
Lovecraft senza neanche alzare lo sguardo continuò nella sua ricerca.
«Che ci fai ancora qui?» sbottò poi «Se davvero qualcosa che sta succedendo qui c’entra con un Dio Esterno non pensi sia un po’ pericoloso per te?»
«Ma io voglio darti una mano..!»
«Non discutere, Smith. Vai a casa. Non intendo neanche continuare le indagini. Avviserò solo il dipartimento di polizia del pericolo che corre»
Carlos annuì in silenzio, adirato per la delusione ricevuta dal suo vecchio compagno di studi. Senza proferire parola si alzò dalla poltrona, recuperò la giacca e lasciò lo studio, lasciando lo scrittore nella condizione che più lo compiaceva: la solitudine.
Finalmente la sua ricerca nella rubrica telefonica giunse ad una fine e tenendo il libricino aperto con la mano sinistra, avvicinò il telefono con la destra, sollevando quindi la cornetta e tenendola saldamente tra l’orecchio e la spalla. Poi compose accuratamente il numero con la rotella del telefono accertandosi di non commettere errori.
«Centralino del Dipartimento di Polizia di Providence, posso esservi d’aiuto?» rispose una donna dall’altro capo della chiamata.
«Buonasera, sono Howard Lovecraft, lo scrittore, volevo parlare con il detective incaricato di indagare sulle misteriose morti avvenute ieri pomeriggio»
«Se ha una richiesta posso fissarle un appuntamento, ma mi dovete dire di cosa volete parlargli»
«Ho delle informazioni che possono essergli utili»
«Vi fisso per un appuntamento per questo pomeriggio»
«Vi ringrazio».
Lovecraft posò la cornetta e si sedette sulla sua scrivania. Prese una penna e si pose un foglio di carta bianco di fronte; cominciò a tamburellare su di esso pensieroso.
Un Dio Esterno voleva scatenare il caos sulla Terra? Impensabile. Quelle creature aliene avevano poteri oltre qualunque comprensione cosmica, se una di esse fosse stata intenzionata ad estinguere il sistema solare l’avrebbe già fatto nel giro dello stesso pomeriggio.
No, c’era dell’altro. Chiunque avesse compiuto quegli omicidi era umano, probabilmente il profeta di un Dio Esterno, intenzionato a diffondere il Verbo del suo culto proibito tra le ignare genti del pianeta. E se così fosse stato, doveva sicuramente aver avuto un motivo per scegliere quelle vittime.

Il pomeriggio stesso, lo scrittore si recò al Providence PD nell’ufficio del detective Herbert West, incaricato dell’indagine.
Dopo i convenevoli iniziali, si sedette sulla poltrona al di là della scrivania dell’ufficio e guardò il detective mentre firmava alcuni fogli di carta d’ufficio.
«Allora, signor Lovecraft, queste informazioni?» chiese il detective scocciato dalla presenza dello scrittore.
«Chiunque abbia compiuto questi omicidi, non è umano»
Il detective interruppe la scrittura e poso la penna. Si tolse gli occhiali e osservò con espressione di sufficienza il ricercatore di occulto.
«Signor Lovecraft, quella è la porta» si limitò a dire.
Spaesato, lo scrittore si voltò in direzione della porta.
«Siete il terzo, oggi, che mi contattate per dare adito a supposizioni degne di un paesino di periferia» precisò «Se non avete altro da aggiungere, quella è la porta»
Senza farselo ripetere, lo scrittore si alzò in piedi con espressione scorbutica e guardò fisso negli occhi il detective. Aveva preso finalmente una posizione sulla vicenda.
In un attimo la sua mente vagò su tutto quello che era successo nel corso della giornata, da quando Carlos Smith aveva quasi fatto irruzione nel suo studio. Delle morti inspiegabili collegate evidentemente alla magia nera, un professore che sembrava intenzionato a dimostrarsi un ricercatore di occulto più abile di lui, l’impossibilità di trovare collegamenti tra la causa delle morti e qualunque brano del Necronomicon. Non era mosso da pietà riguardo al cadavere visto in quella camera mortuaria. Mai nella vita avrebbe provato pietà per un essere umano, men che meno per una femmina. No, la sensazione che l’aveva spinto in quell’ufficio del dipartimento di polizia era un’altra. Ora come mai da quando aveva preso per le mani il libro proibito la prima volta sentiva una maggiore curiosità. La stessa che l’aveva portato a studiare quel testo arcano, a scrivere e descrivere qualunque cosa leggesse tra quelle pagine. Ora c’era un nuovo mistero da studiare. E doveva farlo lui.
«Detective West» disse dunque «Se voi non credete alle mie parole, allora indagherò io, da solo»
Il detective fece un cenno noncurante di farlo.
«Se accettate dunque questa sfida» continuò lo scrittore «Ditemi i nomi delle vittime di ieri»
Il detective recuperò delle cartelline di carta da un cassetto della scrivania, le aprì e mostrò il contenuto allo scrittore. Vi erano tutte le informazioni sulle vittime, compresa l’età, la professione, il nome e il volto.
Lo scrittore prese un taccuino dalla tasca interna della giacca e prese appunti. Poi se ne andò, senza neanche salutare lo scorbutico detective, che tornò al suo lavoro senza proferir parola.

Tornato nel suo studio, si diede ad uno studio approfondito degli appunti, con il metodo sviluppato durante lo studio del Libro dei Nomi dei Morti. Scrisse i nomi e li collegò ai dati e cercò di associarli tra loro come poteva, tentando di andare a fondo, al di là delle apparenze.
L’unica cosa che riuscì a scoprire così, però, fu che a quanto pareva tutte e tre le vittime erano state ad Arkham per qualche motivo e probabilmente nello stesso periodo, per cui forse si conoscevano. Per far luce su questo mistero, decise dunque di fare un’altra telefonata, stavolta alla Miskatonic University.
«Segreteria della Miskatonic University, buonasera» risposero alla chiamata telefonica.
«Buonasera, sono Howard Lovecraft, lo scrittore, volevo chiedervi delle informazioni»
«Prego, fate pure»
Lo scrittore elencò i nomi delle vittime, sperando che negli archivi dell’università ci fossero informazioni su di loro. La segretaria appuntò i nomi e si diresse dunque agli archivi interni per controllare, lasciando Lovecraft in attesa.
Al ritorno dal suo controllo, rispose prontamente allo scrittore.
«Signor Lovecraft, siete ancora in linea?»
«Certo, signora, ditemi»
«Le persone che avete elencato sono tutte state, in periodi molto vicini tra loro, ricercatori di occulto qui all’università»
Lovecraft restò spiazzato da quest’affermazione improvvisa. Improvvisamente il flebile collegamento che lui era riuscito a trovare tra loro era diventato un’enorme ragnatela che direttamente o meno li univa indissolubilmente, legati nella trappola mortale che li aveva portati all’incontro ravvicinato con il loro ragno.
«Posso chiedere un appuntamento con il dottor George Birch?» chiese lo scrittore improvvisamente dopo cinque minuti di silenzio.
«Certo, signor Lovecraft, vi scrivo per domani mattina verso le… 10»
«Perfetto. Grazie» rispose lo scrittore chiudendo la chiamata.
Si sedette sulla sedia a guardare fisso nel vuoto con occhi strabuzzati. Aveva provato troppe emozioni quel giorno, troppe cose aveva visto, scoperto, provato.
Improvvisamente si alzò di scatto dalla scrivania e corse in bagno. Si fermò a guardare il proprio volto riflesso nello specchio. Sudava freddo, le pupille erano strette e la fronte corrucciata. Si tratteneva appena dallo scoppiare.
Aprì con rapidità l’armadietto delle medicine, verso una manciata di pillole in una mano e la portò alla bocca, per poi rimanere a guardare il soffitto per alcuni minuti. Poi finalmente il viso si distese e lui riuscì a sedersi sul bordo della propria vasca da bagno e rilassarsi ansimando.
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Re: Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Eowyn & Faun » sab 09/nov/2013 09:15:13

Giuro, appena posso me la leggo. Lovecraft è uno dei miei scrittori preferiti, e il mito di Chtulhu è qualcosa di fenomenale.
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Messaggio da Rani e Katya » sab 09/nov/2013 13:58:37

Lory & Faun ha scritto:Giuro, appena posso me la leggo. Lovecraft è uno dei miei scrittori preferiti, e il mito di Chtulhu è qualcosa di fenomenale.
Da quando l'ho scoperto sono letteralmente innamorato della sua mitologia. Non solo il mito di Chtulhu è fenomenale, tutto il pantheon di Dei Esterni e Grandi Antichi è meraviglioso. Una perfetta fusione tra religione, orrido, mitologia e fantascienza, mescolate insieme nella maniera più inquietante e stupenda al tempo stesso. So che aveva seri problemi psicologici, come persona, ma mi viene quasi difficile a dire se la nascita dei cosiddetti "Miti di Chtulhu" sia dovuta a questi problemi o magari sono questo ultimi che derivano in qualche modo da una conoscenza che non possiamo neanche comprendere :roll:
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Re: Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Eowyn & Faun » sab 09/nov/2013 14:30:23

Quanti sono i pensatori e i poeti che sono stati rinchiusi in manicomio perchè creduti folli? XD Tutte le persone fantasiose e sensibili hanno sempre fatto questa fine, chissà se fosse davvero mezzo pazzo o solo speciale in confronto della società dell'epoca. Una scrittura così minuziosa non è roba da mente malata.
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Re: Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Rani e Katya » sab 09/nov/2013 14:34:32

Oddio, al manicomio non c'è arrivato, anche se sua madre lo recludeva in casa perché a detta sua era "troppo brutto per stare nel mondo esterno" (anche se a guardare le foto di Howie bambino era pucciosissimo D:), però soffriva di esaurimenti nervosi, che gli impedirono di terminare il liceo e un corso di chimica a cui si iscrisse dopo qualche anno. Chissà che non possedesse davvero il Necronomicon e ne fosse la causa (?)
GPC: 21 giugno 2008, ore 23:30.

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Messaggio da Rani e Katya » dom 10/nov/2013 13:51:07

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Capitolo III

La mattina seguente, Lovecraft partì alla volta di Arkham con la prima corriera. Aveva con sé i bagagli per restare ospite della Miskatonic University per almeno una settimana, vista la distanza che separava Providence da Arkham.
Giunto all’Univeristà, passò dalla segreteria per chiedere di vedere il dottor Birch e la segretaria gli chiese di attendere lì l’arrivo del ricercatore.
Dopo qualche minuto, l’uomo impostato e baffuto che appena un giorno prima l’aveva incontrato a Providence, ora lo accoglieva ad Arkham.
«Signor Lovecraft!» esclamò sorridente «Qual piacere rivedervi!»
Lovecraft rispose al saluto con un sorriso appena abbozzato. Nell’espressione del dottor Birch intravvedeva ancora un’aria di sfida e di rivalità che non riusciva pienamente a comprendere.
«Facciamo un giro, Lovecraft, vi mostro la Miskatonic e l’appartamento universitario in cui passerete questo periodo» gli disse il dottor Birch facendogli cenno di seguirlo.
«Dottor Birch» cominciò Lovecraft dopo qualche metro «Alla fine non ho potuto resistere alla curiosità di indagare su queste misteriose morti»
«Me lo aspettavo, da voi!» commentò il dottor Birch ridendo «Del resto siete stato abbastanza curioso da studiare la conoscenza proibita del Necronomicon, questo in confronto è niente!»
«Voi avete fatto qualche progresso nelle indagini?»
«In verità devo ammettere riluttante che non abbiamo fatto alcun progresso rilevante»
L’espressione del dottor Birch era quella di un uomo che sapeva più di quello che era tenuto a dire. Lovercraft lo osservò in silenzio per qualche minuto, riflettendo su come proseguire il discorso. Un ricercatore di occulto della Miscatonic della sua età non poteva non conoscere almeno una delle vittime del mistero. Quindi perché tacere? Si convinse alla fine che era meglio non aggiungere troppa carne al fuoco, per adesso, c’era il rischio di rimanere bruciati.
«Capisco» disse solo con la sua consueta espressione seria.
Il discorso continuò con dissertazioni di carattere pseudo-scientifico circa la magia nera e l’esistenza delle creature descritte nel Necronomicon. Stranamente, il dottor Birch sembrava molto poco convinto dell’effettiva esistenza di creature oscure come quelle. Anche troppo, per un uomo che dedicava la sua esistenza nel ricercarle.
Lovecraft evitò ancora una volta di andare a fondo con la faccenda, vuoi per la poca voglia di parlare con qualcuno, vuoi per evitare di dover far venire a galla altri misteri che si sarebbero solo sommati a quello su cui già indagava.
Nel giro di 10 minuti, comunque, giunse nel suo appartamento e il dottor Birch gli consegnò una mappa cartacea dell’edificio, per potersi orientare all’interno dell’enorme complesso di aule e laboratori. Lo scrittore entrò nell’edificio e ripose i bagagli sul letto, intenzionato a sistemarli per bene dopo. L’unica cosa che si prodigò di recuperare dalla valigia, fu un libro, una raccolta di brevi racconti di Poe che stava rileggendo per puro diletto e per sollecitare la propria mente al lavoro. Pose il libro sul comodino e cominciò a studiare la mappa.
Impiegò appena una manciata di secondi ad individuare l’aula di ricerca di Scienze Occulte, il suo primo obiettivo. Decise che dopo essersi rinfrescato dal viaggio si sarebbe immediatamente diretto lì, mappa alla mano, per trovare eventuali nuove informazioni e nel frattempo esplorare il campus universitario.

Per sua fortuna, l’aula che stava cercando non era affatto distante dal suo appartamento. Durante il tragitto ebbe comunque il tempo di guardarsi intorno e segnarsi il tragitto da compiere per giungere in determinati luoghi sulla mappa, nonché i principali punti d’interesse della sua indagine.
Giunto di fronte alla porta dell’aula, però, ne rimase allibbito. Era una porta in legno diroccata e lugubre, nulla a che vedere con l’architettura rifinita ed evidentemente ristrutturata di recente del resto della Miskatonic. Provando ad aprire la porta, inoltre, essa non si mosse più di un centimetro. Guardandola con più attenzione, si rese anche conto della presenza di un catenaccio a tenere la porta chiusa.
Provò a bussare o a guardarsi intorno, nella speranza di vedere qualcuno, magari il dottor Birch. Nulla, sembrava che quell’aula fosse ormai interdetta. Guardò più attentamente la mappa, la studiò a fondo, cercando ogni indizio su cosa stesse sbagliando, accertandosi che fosse orientata secondo gli assi cardinali, se non fosse vecchia, ma nulla.
L’ultimo tentativo fu quello di contare la distanza che aveva percorso fino a quel momento, riportando con il pollice e l’indice l’unità di misura della scala sul disegno. Si rese conto, così, anche se in maniera molto approssimativa, che per giungere all’aula che lo interessavano doveva ancora percorrere una decina di metri.
Voltandosi nella direzione di percorrenza, finalmente, vide la porta che pensava di aver trovato già da alcuni minuti. Prima di andare si fermò nuovamente ad osservare quella porta, così diversa rispetto al resto dell’edificio. Guardò anche la mappa con attenzione, per controllare che non fosse segnata. Ma non trovò alcun segnale della sua esistenza.
Decise di lasciar perdere, ed eventualmente di chiedere al dottor Birch in un secondo momento, e si diresse nell’aula di ricerca.

Il locale era vuoto, probabilmente sarebbero arrivati in un secondo momento, ma lo scrittore era intenzionato a trovare più informazioni possibili prima che arrivassero. Si guardò intorno, passò al setaccio le scrivanie, gli appunti, i documenti, perfino gli archivi.
Trovò i nomi delle vittime. Tutti erano raccolti in un’unica cartella, insieme a quello del dottor George Birch e alcuni altri. Era ormai evidente che si conoscessero. Ma allora perché nasconderlo?
Lovecraft esaminò attentamente la cartellina. Su un lembo sporgente vi era riportata una scritta apparentemente senza senso: GROMU.
Tra i dati dei singoli ricercatori non c’era nulla che potesse in qualche modo collegarli, ognuno di essi si dava a ricerche e studi differenti dagli altri. Ripose tutti i documenti nella cartellina e la sistemò nel giusto archivio, poi si sedette dietro una scrivania, prese un foglio di carta bianco e lo osservò.
Restò in silenzio a guardarlo per un po’, poi recuperò dal taschino interno della sua giacca una penna e comincio a scrivere degli appunti su quel foglio.
Il dottor Birch voleva tenere nascosto qualcosa di non identificato. Fingeva di non avere alcuna familiarità con le vittime e di non sapere nulla su di loro, cosa evidentemente falsa. Se Lovecraft avesse provato a incalzarlo sull’argomento, probabilmente avrebbe finito solo per peggiorare la situazione, incrinando i rapporti con lo studioso, senza neanche sapere ancora se ne valesse la pena.
In quella cartellina GROMU, in ogni caso, c’erano ancora dei nomi, ma alcuni di essi pare fossero fuori sede per alcune ricerche. L’unico di cui sentiva di potersi fidare era il professor Henry Armitage, uno dei più eminenti ricercatori del Dipartimento di Scienze Occulte insieme al dottor Birch.
Ripose la penna nel taschino e diede un’ultima occhiata a queste sue riflessioni, deciso nella sua idea di parlare con quel professore. Prima ancora che potesse andarsene, tuttavia, un altro uomo aprì la porta e fece il suo ingresso nell’aula. Era il dottor Birch che alla vista di Lovecraft sorrise e gli andò incontro.
Temendo la reazione del dottore nello scoprire fino a che documenti confidenziali la curiosità di Lovecraft aveva spinto la sua ricerca, lo scrittore trovò ragionevole stracciare gli appunti e gettarli nel cestino, conservando soltanto il nome del professor Armitage.
«Signor Lovecraft!» lo salutò il dottor Birch «Vedo che non vi stancate facilmente!»
«Già» mentì Lovecraft con un finto sorriso sulle labbra «Sono venuto qui sperando di trovare le vostre ricerche in corso e poter dare un’occhiata»
«Oh, mi dispiace, Lovecraft» commentò il dottor Birch che sembrava quasi in difficoltà nel rispondere «Ma… Solitamente queste ricerche dopo aver finito qui le portiamo con noi a casa… Sapete, per non perdere tempo…»
«Dunque avete con voi le vostre?»
«In effetti, ora che mi ci fate pensare, devo averle dimenticate nel mio appartamento, che fortunatamente è abbastanza vicino! Vado subito a recuperarle..!» lo studioso fece per andarsene, ma Lovecraft lo fermò.
«Volevo chiedervi un’altra informazione su questo tempio della conoscenza, prima»
«Certo, ditemi, Lovecraft»
«A pochi metri da questo ingresso ho trovato una porta dismessa e rovinata, che inizialmente avevo scambiato per l’entrata di questo padiglione. Nella mappa non è neanche indicata e mi chiedevo cosa fosse»
«Oh!» rispose il dottor Birch con un sorriso stiracchiato «Sarà la rimessa degli attrezzi del custode! Nessuno ha voluto spenderci soldi per ristrutturarla e di solito preferisce occuparsene lui stesso!»
Lovecraft annuì in segno di comprensione e lasciò che lo studioso tornasse nella sua dimora per recuperare i risultati delle sue ricerche. Prima di uscire anch’egli dall’aula per raggiungere il professor Armitage, guardò un’ultima volta la mappa.
La rimessa degli attrezzi si trovava appena accanto all’appartamento del custode.

Trovare il professor Armitage non fu affatto difficile. Si aggirava con sguardo assorto nel cortile interno dell’Univerisità, contando a lunghi passi il vialetto con conduceva ad una grande fontana al centro del cortile.
Lovecraft gli si avvicinò, ma non se la sentì di distrarlo dalle sue riflessioni e per qualche minuto si limitò a seguirlo e a guardare il cielo con lui. Era una splendida giornata estiva, piena di luce e afa. Il tipo di giornata in cui Lovecraft, amante del buio e della solitudine, avrebbe evitato di uscire con tutto se stesso, ma stavolta era necessario.
Quando finalmente il professor Armitage si accorse della sua presenza, lo salutò calorosamente con un largo sorriso. Ma questa volta, a differenza del dottor Birch, il sorriso era vero.
«Signor Lovecraft!» esclamò «Mi avevano detto che sareste venuto!»
«L’onore è mio, professor Armitage» rispose Lovecraft con rispetto «Voi siete il più eminente ricercatore del Dipartimento di Scienze Occulte»
«Oh, Lovecraft» rispose ridendo il professore «L’onore è tutto mio, invece! Voi siete a mio avviso il più grande studioso di occulto che abbia mai messo piede su questo pianeta»
«Così mi lusingate, professore, sono solo un umile scrittore»
«Avete dato all’uomo la conoscenza su segreti che mai avrebbe potuto immaginare. Avete dato a noi la possibilità di conoscere, comprendere e quindi non temere»
Lovecraft abbozzò un falso sorriso. Non voleva cominciare il suo rapporto con il professor Armitage mettendo in evidenza la delusione e l’astio che provava nei confronti dell’umanità.
«Stavo indagando sui misteriosi casi di omicidio di ieri l’altro» disse dopo un brevissimo silenzio «Volevo avere qualche informazione in più»
«So che conoscete il dottor Birch» rispose Armitage con sguardo serio «Lui cosa vi ha detto, precisamente?»
«Molto poco. Mi ha detto che sostanzialmente non avete scoperto nulla di particolare»
«In fondo è così, brancoliamo abbastanza nel buio»
«Possibile che non abbiate scoperto assolutamente nulla sulle vittime?»
«Non vi fidate del dottor Birch, Lovecraft?»
«Non è questo...» Lovecraft girò il viso come a voler evitare il contatto visivo con il professor Armitage. Non voleva sembrare sospettoso nei confronti del principale collega del suo interlocutore.
«Mi dispiace, Lovecraft» continuò Armitage «Ma, sul serio, non posso darti alcuna informazione»
Howard fece un’espressione stizzita. Anche il professor Armitage fingeva di non conoscere quelle persone. Perché? Improvvisamente gli venne in mente un’altra possibile domanda.
«Professor Armitage» continuò «Cosa c’è dietro quella porta diroccata ad una decina di passi dall’aula di ricerca di Scienze Occulte?»
Il professor Armitage si fermò a rifletterci. Difficile dire se cercasse di ricordarsi cosa si celasse dentro quella stanza misteriosa o cercasse di trovare una risposta evasiva.
«Non avete chiesto a George?» si limitò a rispondere, come per prendere tempo.
«Non ha saputo darmi una risposta concreta» rispose Lovecraft con una mezza bugia.
«Se non sbaglio ci dovrebbe essere la cantina, lì dietro» rispose il professore con un sorriso nervoso «Sapete, anche noi studiosi abbiamo bisogno di un po’ di svago, a volte»
«Strano» rispose Lovecraft conciso.
Armitage si fermò ad osservare la sua espressione seria. Sembrava nervoso e preoccupato, sapeva quanto Lovecraft fosse intelligente e a quanto pareva tutti in quell’Università avevano qualcosa da nascondere.
«Perché strano?» chiese con voce flebile.
«Perché il dottor Birch ha accennato a qualcosa circa gli attrezzi del custode»
Il professore si fermò a pensare alla sua risposta. Era in evidente difficoltà.
«Oh, sì, in effetti è probabile abbia ragione, ora che ci penso...»
«Guardi, professore» continuò Lovecraft tirando fuori la mappa da una tasca, quasi non curante dell’ultima affermazione di Armitage «La rimessa degli attrezzi si trova dal lato opposto del campus»
Armitage chiuse gli occhi, cercando di mantere la calma. Fece un lungo respiro e improvvisamente si calmò.
«Lovecraft» disse serio «Se cercate di andare in profondità nella tana del Bianconiglio rischiate che la Regina di Cuori vi tagli la testa»
Lovecraft lo osservò. Aveva capito cosa intendeva dire, ma non si accontentava di una risposta simile. Provò ancora ad incalzarlo, ma il professor Armitage si allontanò dalla zona a grandi passi.
Le ultime cose che disse furono: «Se proprio siete sicuro di volerlo fare, andate nell’appartamento del custode stanotte, bussate alla sua porta e quando vi chiederà chi siete rispondete “Colui che osserva nell’oscurità”»
Quelle parole emblematiche lasciarono il curioso scrittore in confusione. Nell’impossibilità di interrogarlo ulteriormente, comunque, decise che avrebbe seguito quelle indicazioni. Erano la sua unica pista.

Seguendo la mappa e armato solo di una lanterna, il detective dell’occulto riuscì in poco tempo a raggiungere l’appartamento del custode dell’Università quella sera stessa, nonostante fosse abbastanza distante dalla sua dimora. Non aveva paura di vagare da solo all’aperto di notte, ormai aveva visto e conosciuto cose che trasformavano una cosa del genere in una gita domenicale.
Giunto di fronte alla porta, bussò tre volte e attese una risposta dall’interno.
«Chi è?» chiese una voce stridula.
«Colui che osserva nell’oscurità» rispose Lovecraft dopo una pausa iniziale.
Una minuscola finestrella si aprì scorrendo al centro della porta e due occhi scuri squadrarono Lovecraft dall’interno dell’edificio.
«Non te ho mai visto cuì» disse la voce stridula, biascicando malamente l’inglese «Ma sai la parola d’ordine, quindi chi è me per tenerti lì?»
La porta si aprì e Lovecraft fece un lieve inchino in segno di saluto. Il custode era un negro lievemente più alto di lui. Aveva grossi muscoli ma era vestito come uno straccione. Difficile che avesse una buona paga per il suo lavoro.
«Di lì» disse il custode indicando una stanza infondo al corridoio.
Lovecraft ringraziò e si diresse in quella direzione. Giunto alla fine del corridoio, si trovò in un ampio salone, illuminato solo da una fioca lampada posta su un tavolino. L’unico mobilio della stanza era un tavolino basso in legno posto al centro e due poltrone poste ai due opposti di esso.
Su una di esse era seduto un uomo che puliva i propri occhiali con una pezza.
«Buonasera, signor Lovecraft» lo salutò l’uomo «Prego, accomodatevi»
Lo scrittore seguì l’invito e guardò attentamente il suo interlocutore. Improvvisamente si ricordò di averlo già visto in uno dei documenti nella cartella GROMU che aveva trovato. Era uno dei ricercatori che sarebbero dovuti essere fuori sede.
«Dottor Davis?» esclamò guardandolo.
L’uomo sorrise.
«Voi...» continuò Lovecraft incredulo «Che ci fate qui? Avevo letto che eravate fuori sede...»
«Avete curiosato nei documenti confidenziali del Dipartimento di Scienze Occulte, dunque» rispose il dottor Davis sorridendo «E questo non si fa»
«Quindi è vero che mi stavate nascondendo qualcosa...»
«In un certo senso...» rispose il dottor Davis indossando gli occhiali e spostando la sua attenzione sullo scrittore.
«Cos’è il GROMU, dunque? E cosa c’è dietro quella porta malmessa?»
«Gruppo di Ricerca Occulto della Miskatonic University» rispose il dottor Davis con tono fiero «Un gruppo segreto che si occupa di studiare le forze proibite non solo in laboratorio, ma direttamente sul campo, recuperando ogni segnale degli Altri Dei e conservandolo prima che l’uomo possa anche solo venire a conoscenza della sua esistenza»
«Conservandolo? Dove?»
«Se mi aveste lasciato il tempo di rispondere alla seconda domanda, l’avreste già scoperto»
«Un laboratorio… segreto..?»
«Un intero laboratorio di ricerca costruito sotto le fondamenta della Miskatonic University. Arkham, e il New England in generale, sono entrati talmente tante volte in contatto con le forze oscure che abbiamo ritenuto necessario creare una costruzione del genere»
«Soprendente...» commentò Lovecraft incredulo. Ora tutto tornava. Il nervosismo dei due ricercatori, i collegamenti tra le vittime e la Miskatonic, i documenti confidenziali che aveva trovato negli archivi. Ormai era entrato nella “tana del Bianconiglio”, come l’aveva chiamata il professor Armitage, era un punto di non ritorno.
«Se queste informazioni erano confidenziali» continuò Lovecraft «Perché gli archivi non erano sotto chiave?»
«Siete sicuro che volevamo tenere queste informazioni segrete anche a voi?»
«Che volete dire?»
«I nostri ricercatori devono essere bravi a nascondere la verità a chi è troppo curioso come voi, signor Lovecraft, quindi non pensate che il loro atteggiamento evasivo non servisse ad altro che ad avvicinarvi sempre di più a me?»
«Volevate contattarmi?»
«Da molto tempo, signor Lovecraft» una strana luce brillava negli occhi del dottor Davis «Siete la prima persona che ha documentato l’esistenza degli Dei Esterni e studiatone la natura. Un nome come voi all’interno del GROMU sarebbe decisivo per le nostre attuali indagini»
«Mi avete messo alla prova, dunque» commentò Lovecraft appoggiandosi allo scienale della poltrona «Volevate vedere se sarei riuscito ad arrivare fin qui»
«Non ci servono persone stupide, signor Lovecraft» il dottor Davis si avvicinò, chinandosi in avanti e appoggiando i gomiti sulle proprie gambe «Ci servono investigatori dell’occulto. E confidavo che voi foste l’uomo giusto»
Gli tese una mano e lo osservò sorridendo. Lovecraft si lasciò del tempo per riflettere. Doveva decidere se unirsi al GROMU e proseguire le indagini o tirarsi indietro, tornare a Providence e perdere ogni contatto con queste ricerche segrete. Era arrivato fino a quel risultato ed era ancora intenzionato a conoscere qualunque cosa fosse la causa di questi omicidi.
«È pericoloso» commentò guardando il dottor Davis «Sono morti alcuni ricercatori del GROMU che non lavoravano neanche più alla Miskatonic, è evidente che fossero omicidi mirati»
«È il motivo per cui ci siamo allertati immediatamente, signor Lovecraft, potenzialmente tutti quelli che lavorano nel segreto di quel laboratorio sotterraneo sono in pericolo»
Lovecraft diede la mano al dottor Davis, ponendo fine alla sua attesa.
«Ormai sono arrivato fin qui, voglio andare fino in fondo, non importano i pericoli» commentò.
«Sapevo che potevo contare sul vostro buonsenso» rispose il dottor Davis sorridendo.
«Non fraintendetemi, dottor Davis, non lo faccio per amore dell’umanità. Sono felice che le mie ricerche abbiano spinto degli studiosi come voi a creare un gruppo di ricerca simile, ma non potrò mai provare un sentimento positivo nei confronti di chiunque sia un umano»
«Mi piace la vostra personalità» commentò ridendo il dottor Davis «So che siete rimasto deluso da chi ha deciso di inseguire il potere fondando culti che venerano gli Dei Esterni, ma di noi potete fidarvi»
Lovecraft annuì serio.
Ci fu una lunga pausa, in cui i due ricercatori non fecero altro che studiarsi a vicenda.
«Seguitemi» ruppe il silenzio il dottor Davis alzandosi dalla poltrona «Sarà meglio dare inizio alle indagini»
Lovecraft annuì e lo seguì verso il laboratorio.
GPC: 21 giugno 2008, ore 23:30.

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Re: Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Kasei » dom 10/nov/2013 14:57:24

...a quando il quarto capitolo?

Me gusta *__*!!

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Re: Storie del Necronomicon - L'ultimo Dio Esterno

Messaggio da Rani e Katya » dom 10/nov/2013 15:05:28

Grazie mille, Mar! >w< Tra oggi e domani vado avanti, purtroppo il fatto che la scrivo su Google Drive mi impone di aspettare un po' tra un capitolo e l'altro xD
GPC: 21 giugno 2008, ore 23:30.

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